
Lama Michel Rinpoche, guida spirituale e maestro buddhista nato a San Paolo nel 1981, autore del libro ‘Dove vai così di fretta? Buddhismo nella vita quotidiana’
La Spezia, 8 giugno 2025 – Un viaggio alla riscoperta della felicità, tra aneddoti personali e riflessioni sul vivere quotidiano. Un invito a guardare la vita con occhi nuovi, ad abbandonare schemi rigidi e paure, per riscoprire il valore della consapevolezza e della gentilezza. ‘Dove vai così di fretta? Buddhismo nella vita quotidiana’ è il titolo del libro scritto da Lama Michel Rinpoche – guida spirituale e maestro buddhista nato a San Paolo nel 1981 – ed edito da Bompiani che questa sera, alle 21, nel chiostro di San Francesco di piazza Ricchetti ,sarà presentato al pubblico nell’ambito della rassegna Mythos Logos.
Lama Michel, lei viene da una famiglia ebraico-cristiana. Come è entrato in contatto con il buddhismo?
“Per caso. Ero piccolo e una coppia di amici chiese aiuto a mia madre, attività nell’organizzazione di eventi, per portare in Brasile un Lama tibetano. Lei ha organizzato tutto e dopo un mese arrivò Lama Gangchen. Ricordo benissimo il primo incontro in un ristorante giapponese e ne rimasi subito innamorato. Tornò dopo due anni e poi decisi di prendere parte con lui a pellegrinaggi nel sud dell’India fino al Nepal. Quando avevo 8 anni mi dissero che ero la reincarnazione di un maestro tibetano. Ho ringraziato, ma per me non cambiava nulla. Qualche anno dopo invece mi sono chiesto cosa stavo facendo. Mi rispondevo che studiavo per trovare un buon lavoro. Vengo da una famiglia benestante e vedevo la gente intorno me, con un buon lavoro, che non era felice. Lama Gangchen invece era felice, e io ho capito di volere essere come lui. Da lì è iniziato il percorso che mi ha portato a diventare una guida spirituale”.
Il suo libro è stato scritto in un periodo in cui lei si è accorto che stava andando di fretta. Quando?
“A gennaio dello scorso anno mi sono accorto che non stavo bene, stavo vivendo uno stato interno di disagio. Venivo da un periodo difficile in cui la gestione del tempio di Albagnano era totalizzante e da poco era venuto a mancare il mio maestro. Ma il mio stato non era tanto legato al periodo, quanto alla dinamica della vita moderna che viviamo. La fretta nasce in gran parte dalla quantità di informazioni che riceviamo, dalla mole di cose. È come se durante una giornata di lavoro ci venisse costantemente messo un foglio nuovo sulla scrivania, una nuova pratica da sbrigare. Alcune saranno importanti e altre meno, ma a ciascuna devo dedicare del tempo per capirlo, e farlo in fretta per concludere i compiti entro l’orario”.
Raggiungere l’equilibrio è possibile?
“Non c’è una ricetta, ma si può. Tra i consigli quello di ridurre la quantità di stimoli, creare il silenzio dei sensi e cercare momenti privi di dialogo interiore per contrastare lo stato di stress cronico. La meditazione può aiutare. Dovremmo permetterci di annoiarci per trascendere la noia e ritrovare l’intuizione e la creatività. Dipingere o cantare, non per uno scopo ma solo per rilassarci. Porsi delle domande. Per me è più importante avere, fare o essere? Trovare la risposta e concentrarsi per apportare piccoli cambiamenti orientati verso quella direzione, che portano a grandi risultati. Riscoprire l’importanza di desiderare”.
Non c’è il rischio di isolarsi e chiudersi in se stessi?
“Isolarsi serve se ha uno scopo specifico. Chi scappa dai problemi per stare in pace si porta dietro il problema. Bisogna essere consapevoli che il problema è il modo in cui noi viviamo il problema. La crescita si trova nello stare con l’altro, nell’imparare a vederlo”.
Lei ha detto che la positività sprigiona energie positive. Come fare a non essere sopraffatti quando tutto sta andando a rotoli o quando siamo consapevoli di quello che sta accadendo oggi a Gaza?
“Essere positivi non significa chiudere gli occhi. Il fatto che ci sia tanta sofferenza non toglie la bellezza e viceversa. Quando vediamo quello che non va, in un conflitto a casa come a Gaza e in altre parti del mondo, dobbiamo permetterci di vedere l’ombra, ma guardare la luce. Condannare quello che non ci appartiene, non essere indifferenti e restare coerenti con i propri principi. Restare la persona che voglio essere e agire in quel modo. Essere parte della soluzione, anziché del problema”.