E’ ancora in corso il processo a carico dell’ex primario del reparto di Ginecologia del Santo Stefano, Giansenio Spinelli (ora in pensione), nell’ambito dell’inchiesta della Procura sulle visite clandestine in ospedale a donne di origine orientale. Spinelli è accusato di omessa denuncia in quanto, secondo l’accusa, l’ex primario era a conoscenza di quello che avveniva nel suo reparto ma non avrebbe mai denunciato. Ieri è stato sentito come testimone uno dei medici finito nell’inchiesta, Simone Olivieri (che ha patteggiato una pena a un anno e 10 mesi), che ha raccontato quello che accadeva in ospedale. Il medico si dimise poco dopo lo scoppio dell’inchiesta. Il pm Lorenzo Gestri ha chiesto al testimone se avesse mai messo al corrente il primario di quello che succedeva in ospedale ma Olivieri ha risposto di no. L’inchiesta si è chiusa un paio di anni fa con sette condanne in rito abbreviato e sei patteggiamenti a medici e mediatori culturali. A processo è rimasto solo Spinelli. L’indagine dei carabinieri partì da una donna cinese arrivata al Santo Stefano in condizioni disperate dopo che aveva assunto una pillola abortiva. Furono i medici del pronto soccorso a segnalare l’episodio. La donna non ha mai chiarito da chi avesse ricevuto la pillola che può essere somministrata solo in ospedale. Da quell’episodio partirono una serie di indagini che scoperchiarono un vaso di Pandora sull’usanza in voga nel reparto. Alcuni medici visitavano le pazienti cinesi durante l’orario di lavoro, usando i macchinari dell’ospedale e intascandosi parcelle a nero che andavano dagli 80 ai cento euro a volta. Visite clandestine, ottenute saltando la trafila del cup, a cui le orientali accedevano grazie all’intermediazione di connazionali.
Cronaca"Visite clandestine, non ho informato il primario"