REDAZIONE PRATO

Ammazzò a coltellate la moglie, la figlia di 4 anni e la sorella. Muore in un incidente

Cantaridi poi fece esplodere la palazzina. A 21 anni da quella tragedia si è schiantato contro un albero. La strage avvenne a Follonica (Grosseto)

I rilievi della polizia municipale dopo l’incidente in via Firenze e l’auto distrutta su c

Prato, 14 aprile 2020 -  Una tragica fatalità, un destino che lo ha portato via alla vigilia dell’anniversario della strage da lui stesso commessa. Era il 14 aprile del 1999 quando Simone Cantaridi, all’epoca venticinquenne, a Follonica uccise a coltellate moglie, sorella e figlioletta di soli quattro anni. Ieri a 21 anni esatti di distanza da quella tragedia, Cantaridi, 46 anni, è andato a schiantarsi con la sua auto, una Fiat Panda, contro un albero in via Firenze, di fronte allo stadio Lungobisenzio, ed è morto praticamente sul colpo. L’incidente è avvenuto poco dopo l’ora di pranzo. Non si sa dove andasse o da dove stesse tornando.

Le strade erano deserte per i divieti imposti dal governo per contenere la diffusione del virus. Fatto sta che, secondo quanto ricostruito dalla municipale, Cantaridi avrebbe spinto il piede sull’acceleratore più del dovuto perdendo il controllo della macchina. L’impatto con l’albero è stato devastante. Sul posto i soccorsi allertati da alcuni testimoni. Sono arrivate un’ambulanza della Croce d’Oro con il medico e una pattuglia della polizia municipale oltre ai vigili del fuoco che hanno estratto l’uomo dalle lamiere. E’ stato allertato l’elisoccorso della Regione ma per Cantaridi non c’è stato nulla da fare. La polizia municipale ha disposto gli esami tossicologi che sono arrivati in poche ore. Cantardi non aveva bevuto né fatto uso di sostanze stupefacenti. L’incidente sarebbe avvenuto a causa dell’alta velocità, in un tratto rettilineo, seguito da una leggera curva, che invita a correre nonostante i rigidi limiti di velocità.

Il pm di turno ha liberato subito la salma. Cantaridi viveva a Prato da quando era uscito dal carcere della Dogaia dove è stato rinchiuso per 10 anni per scontare i 16 di pena inflitti per il triplice omicidio avvenuto a Piombino il 14 aprile del ’99. Cantaridi risultava residente in via San Silvestro 2 dove ha sede il santuario Santa Maria del Giglio. A Prato si era rifatto una vita. Durante la detenzione alla Dogaia aveva perfino preso la laurea in Teologia. Cantaridi non ha mai spiegato il perché di quella terribile strage familiare. Quel giorno, l’uomo, originario di Massa Marittima, accoltellò la sorella Claudia di 27 anni, la moglie Sabrina Martinelli di 24 e la figlia Vanessa di 4 e poi fece saltare in aria la palazzina di via Landi a Piombino dove la famiglia era andata ad abitare da poco. Subito gli inquirenti pensarono a una disgrazia causata da una fuga di gas, una drammatica fatalità di cui Cantardi era l’unico superstite: venne trovato sotto le macerie. La verità era un’altra e venne fuori quando i carabinieri scoprirono fra i detriti un coltello sporco di sangue. In ospedale, dove era ricoverato, Cantaridi, incalzato dalle domande, confessò. La fatalità si trasformò in triplice omicidio e Simone Cantaridi da superstite in reo confesso. Durante il processo gli venne riconosciuto il parziale vizio di mente e venne condannato in abbreviato a venti anni che, poi, furono ridotti a 16 in Appello. Ne scontò dieci alla Dogaia dove si laureò. Nel 2009, assistito dall’avvocato Elena Augustin, ottenne la semilibertà grazie alla buona condotta e all’indulto. Da allora è rimasto a vivere a Prato. Lavorava in un supermercato ed era in stretto contatto con l’ex cappellano del carcere, don Leonardo Bassilissi. Qualche anno fa si era risposato. «Chissà se è veramente una tragica coincidenza – commenta l’avvocato Augustin ricordando Cantaridi – Avevo seguito la fase della scarcerazione. Poi lui ha continuato a chiamarmi per qualche anno, a farmi gli auguri per Natale. Quando si è risposato mi ha mandato la bomboniera. Da diverso tempo non lo sentivo più". Laura Natoli © RIPRODUZIONE RISERVATA