
Il coronavirus ha colpito duramente il settore turistico-ricettivo. E anche Prato, pur non essendo storicamente una delle punte di diamante da questo punto di vista in regione, ha fatto registrare un calo di presenze del 57% rispetto al 2019 (superiore alla media regionale, considerando i primi 9-10 mesi del 2020).
Non va certo meglio dal punto di vista lavorativo, in questo settore. Prato e la sua provincia, in particolare la Val Bisenzio, ha perso 899 lavoratori fra gennaio e settembre dello scorso anno. Questo almeno secondo i dati forniti dall’Osservatorio Covid-19 e diffusi da Irpet per determinare l’impatto della pandemia sull’economia turistica della Toscana. In generale a soffrire di più in assoluto sono stati i territori caratterizzati dal turismo in città d’arte: l’area fiorentina e la Piana di Lucca su tutte, ma anche la Valdinievole, in quanto interessate in modo particolare dal turismo internazionale extraeuropeo. Queste zone hanno risentito maggiormente del blocco delle visite e anche del calo conseguente della disponibilità a spendere di quei pochi turisti che comunque sono riusciti ad arrivare nella nostra regione (in tutta la Toscana si stima un totale di 5,8 miliardi di euro persi).
A seguire, in termini di riduzione da Covid-19, troviamo alcuni dei territori circostanti Firenze, come l’Empolese Valdelsa, il Mugello e il Chianti, ma anche l’ambito della "Garfagnana e media valle del Serchio" legato al turismo americano e inglese che gravita su Lucca, così come altre aree collinari di pregio come la Valdelsa aretina e senese, anch’esse interessate dal turismo anglosassone e statunitense in particolare. A perdere meno, grazie alla capacità di agganciare la ripresa estiva dei flussi per lo più domestici, ma anche il parziale ritorno degli europei che si muovono in modo autonomo, sono invece le località balneari.
In Toscana nei primi nove mesi dell’anno scorso mancano all’appello nei soli settori caratteristici del turismo circa 27mila contratti strutturati (a tempo determinato, indeterminato, in apprendistato e in somministrazione). Ciò nonostante il blocco dei licenziamenti. Il saldo negativo è dunque costituito dai soli contratti non rinnovati e dai nuovi contratti non attivati. Un’analisi per ambiti aggregati per tipologia di prodotto fa emergere come le città d’arte nel loro insieme rappresentino oltre la metà della diminuzione dei contratti (14mila su 27mila), di cui oltre 8mila solo nell’ambito fiorentino.
L.M.