
Torturato e abusato in carcere, il testimone-chiave "non ricorda"
Tutta una serie di "non ricordo", "io questo non l’ho mai detto", "io non ho so nulla". E’ ripreso il processo a carico di due campani, in carcere per scontare una pena a 30 anni, accusati aver abusato sessualmente e di aver torturato un giovane italiano, assistito da Olivia Nati, mentre i tre erano detenuti nel carcere della Dogaia. Le ipotesi di reato sono violenza sessuale di gruppo (la pena base parte da 8 anni), lesioni e tortura in quanto la vittima era affidata al controllo delle guardie.
Questa volta a salire sul banco degli imputati è stato un ex detenuto che all’epoca dei fatti rese alcune dichiarazioni su quello che era accaduto in quei maledetti quattro giorni in cui il giovane entrò alla Dogaia dopo una condanna per furto a un anno e 4 mesi. La detenzione doveva durare pochi giorni in quanto, a causa di una aggravante, era necessario il passaggio in cella prima di poter accedere alla messa alla prova, la possibilità di scontare la pena facendo lavori socialmente utili. In realtà, la permanenza alla Dogaia si trasformò subito in un incubo per il giovane che venne bullizzato, offeso, picchiato e abusato dai due compagni di cella. Ieri era stato chiamato a deporre il testimone-chiave che, in realtà, ha detto di non ricordare nulla negando anche quello che lui stesso aveva dichiarato a verbale durante le indagini. L’uomo ha perfino negato che quella sul verbale fosse la sua firma. Durante la scorsa udienza era stata sentita anche una guardia che prestava servizio nella sezione dove era detenuta la vittima che, come il detenuto di ieri, ha dichiarato di non ricordare nulla. Un processo difficile anche per la scarsa collaborazione delle persone coinvolte. Possibile che nessuno ricordi nulla? Possibile che il detenuto non riconosca neppure la sua firma? Il giudice ha deciso di andare avanti senza accettare nessuna contestazione sull’atteggiamento del testimone. L’udienza è stata rinviata a settembre.