
Non toccheranno cibo fino a che non verranno riaccesi i riflettori sulla vicenda Texprint e fino a che non sarà convocato un tavolo interistituzionale.
E’ iniziato ieri alle 10.30 lo sciopero della fame in piazza del Comune di otto lavoratori della Texprint e due sindacalisti del Sì Cobas, che ieri con la loro tenda si sono sistemati in piazza del Comune, proprio di fronte agli uffici dell’amministrazione comunale, sotto la statua di Francesco Datini. Un presidio permanente con tavoli, sedie e striscioni al quale, dicono, si aggiungeranno anche altri lavoratori nelle prossime ore. Gli stessi che stanno portando avanti da 228 giorni sciopero e presidi permanenti anche di fronte ai cancelli dell’azienda di via Sabadell. Il tutto è avvenuto sotto gli occhi della polizia municipale, che peraltro ha elevato una nuova contravvenzione di 120 euro per il montaggio della tenda in piazza (la manifestazione era autorizzata fino alle 14, ma il presidio in tenda e la conseguente occupazione di suolo pubblico a quanto pare no).
"L’iniziativa punta il dito contro l’immobilismo ed il silenzio che ha contraddistinto le istituzioni locali durante i sette mesi trascorsi dall’inizio della vertenza sindacale - spiegano i Sì Cobas pratesi -. I lavoratori denunciano turni di 12 ore su sette giorni la settimana, contratti irregolari, lavoro nero, violazione di tutti i diritti più elementari quali le ferie e la malattia pagata. Sottolineiamo ancora una volta anche i ritardi degli accertamenti dell’ispettorato del lavoro, ancora assenti. Vogliamo verità e giustizia. Alle istituzioni chiediamo una presa di posizione concreta e la convocazione immediata di un tavolo con Prefettura, Comune di Prato, Regione e Ispettorato del Lavoro".
Tra le richieste avanzate dai lavoratori che stanno portando avanti lo sciopero della fame in piazza del Comune e più in generale la vertenza contro Texprint ci sono la conclusione degli accertamenti dell’Ispettorato del Lavoro e l’applicazione delle massime sanzioni previste all’azienda, il riconoscimento dei permessi di soggiorno per sfruttamento, il diritto alla residenza e all’assistenza medica di base e il ritiro delle denunce e delle multe accumulate durante il presidio permanente in via Sabadell (per un totale di oltre 30mila euro) durante il lockdown. "Quando a contrapporsi è da una parte un’azienda con comprovati rapporti con i boss della ‘Ndrangheta e dall’altra lavoratori sfruttati che richiedono i diritti stabiliti dalle leggi e dai contratti – concludono i manifestanti -, le istituzioni non possono essere neutrali. Non schierarsi vuol dire essere complici. Servono iniziative concrete a sostegno dei bisogni sociali di tutti i lavoratori sfruttati del distretto".