
Stefano Tempesti, un esempio dello sport italiano
"Sarebbe stato facile lasciarsi andare, chiudere il campionato con questa festa stupenda, ma siamo l’Ortigia e giochiamo sempre per vincere. Ora andremo a "gara 3", onoreremo il nostro impegno fino alla fine". Nemmeno adesso che ha annunciato il ritiro ed è stato già omaggiato dal club, dai compagni e dalla federazione, Stefano Tempesti riesce a lasciarsi andare: il portiere di Prato che lo scorso venerdì è stato celebrato davanti al suo pubblico nel corso dell’ultima gara casalinga dell’Ortigia, è concentrato gara contro la Vis Roma. E già da questo si capisce perché in carriera abbia vinto quattordici Scudetti, tredici Coppe Italia e cinque Champions League (per limitarsi ai successi principali di club) oltre al Mondiale del 2011. Anche se una coincidenza "romantica", nel descrivere l’inizio e la fine della sua carriera da professionista iniziata trentatrè anni fa con la Florentia. "È stata un’emozione meravigliosa, a volte la vita ti regala queste gioie – ha ricordato - ho esordito tanti anni fa contro l’Ortigia in campionato e chiudo la mia carriera proprio con l’Ortigia". Nel mezzo, è stato convocato per ben cinque edizioni dei giochi olimpici, da Sydney 2000 a Rio 2016 (chiudendo in quest’ultimo caso con un bronzo, dopo l’argento del 2012 a Londra) mettendo a referto oltre trecento presenze in Nazionale. Dopo aver vinto tutto con la Pro Recco, Tempesti era approdato in Sicilia nel 2019, per difendere la porta dell’Ortigia. E in questi sei anni è riuscito a dare un apporto fondamentale per la crescita del sodalizio siciliano. Ma non ha dimenticato la sua città e gli inizi alla Futura, da ragazzino. E proprio nel giorno dei saluti davanti ai suoi tifosi, prima di congedarsi nelle prossime ore dall’agonismo, ha ripensato a "gara 2" (vinta contro la Vis Nova) ed omaggiato i tecnici che lo hanno allenato da giovanissimo. "In tribuna c’erano tante persone care, mi spiace solo che non abbia potuto esserci Umberto Panerai, mio maestro in acqua – ha concluso Tempesti - colui che mi ha insegnato a parare e mi ha trasmesso una filosofia, un modo di affrontare il ruolo che nessun altro nel mondo mi poteva insegnare: lui sarà sempre una parte importante della mia carriera. Sugli spalti c’era invece Jacopo Bologna, che ebbe il coraggio di portare me, ragazzino, da Prato a Firenze, contro tutto e tutti. Credendo in me anche quando le cose non andavano bene".
G.F.