Scuola, accessi record allo sportello di ascolto "Anche togliere la mascherina crea ansia"

Dopo due anni di Covid e isolamento gli adolescenti sono in preda alla depressione. Lo specialista: "Devono essere ascoltati"

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Passata l’emergenza più nera, la sfida dei prossimi mesi sarà gestire l’onda lunga del Covid. Le conseguenze che l’isolamento, l’esperienza diretta o indiretta con la malattia e la perdita di relazioni hanno avuto sugli adolescenti sono destinate ad avere effetti a catena. Pier Luigi Vasarri, primario di Pediatria e Neonatologia del Santo Stefano ha acceso i riflettori su un fenomeno del tutto nuovo che riguarda gli adolescenti. Giovani e giovanissimi che in misura più che raddoppiata rispetto all’epoca pre Covid fanno accesso al pronto soccorso pediatrico in preda a ansia, depressone, per abuso di alcol e medicinali, per atti autolesionistici. Un fenomeno tutto nuovo che mostra chiaramente il disagio nei giovani di oggi piegati dopo due anni di Covid. Pier Paolo Giusti, psicologo e psicoterapeuta gestisce lo sportello di ascolto all’interno dell’istituto Datini. Dal suo osservatorio privilegiato ha notato i cambiamenti che stanno colpendo i ragazzi in età adolescenziale: basta pensare che rispetto all’anno passato le richieste di accesso al servizio sono più che raddoppiate.

"A giudicare dal numero di accessi, i ragazzi non stanno bene. Purtroppo il quadro non è roseo", interviene lo specialista. "Il Covid ha soltanto esacerbato delle dinamiche di malessere latente: è stato il detonatore di sindromi ansiose e autolesioniste che ora sono esplose".

I ragazzi non stanno bene, i due anni di isolamento imposto dalla pandemia, sono stati la miccia che ha innescato malesseri latenti: oggi che le restrizioni si sono allentate e che è possibile intravedere un ritorno alla normalità, le paure che avrebbero dovuto scmparire invece si fanno ancora più forti. Che cosa chiedono i ragazzi? "In prevalenza gli studenti manifestano sindromi ansiose, hanno difficoltà a relazionarsi: l’interrogazione, la verifica in classe sono elementi che provocano paure e disagio", spiega Giusti. "Talvolta anche soltanto varcare il cancello di scuola rappresenta una sfida. Basta pensare ad un fatto: adesso che è stato tolto quasi ovunque l’obbligo delle mascherine, ci sono moltissimi quindicenni che invece continuano ad indossarla. E’ diventata una protezione non dal virus, ma dalle proprie paure". I ragazzi hanno bisogno di essere ascoltati: per fortuna oggi andare dallo psicologo non è più un tabù, anche per questo gli accessi allo sportello scolastico sono aumentati in questo ultimo anno.

"Si presentano anche casi limite in cui i ragazzi si fanno del male, si provocano volontariamente ferite sul corpo oppure abusano di sostanze", prosegue Giusti. "In quei casi è d’obbligo la segnalazione alla famiglia, anche se gli studenti sono contrari. È molto importate questo tipo di servizio nelle scuole perché i giovani si possono aiutare ascoltandoli, capendo i loro disagi e dando loro il tempo di elaborare traumi e superarli. I ragazzi non trovano spazi per essere ascoltati, si sentono spesso inadeguati", spiega Giusti. In questo un ruolo determinate è della famiglia: "Mi rifaccio al pensiero di Donald Winnicott, la sua teoria è quella dei ’genitori sufficientemente buoni’ ossia: non è necessario essere perfetti, ma è necessario creare con i figli uno spazio di condivisione e ascolto libero dalla velocità con cui ci muoviamo. I genitori dovrebbero invitare i propri figli a posare il telefonino e parlare, molto spesso gli atti che gli adolescenti compiono sono un modo per farsi ascoltare. Ascoltiamoli. Lo dico da genitore prima che da terapeuta".

Silvia Bini