A tavola nella storia: Il Banchetto di Erode di Filippo Lippi. Un capolavoro da far vedere, da rivedere. Una bellezza senza tempo, un’icona di grazia e femminilità si trova al centro della scena più ammirata del ciclo di affreschi nella cappella maggiore della Cattedrale: è la figura di Salomè. In un ambiente conviviale si svolge la tragedia narrata nei vangeli di Marco e Matteo: il Battista, per aver condannato la condotta di re Erode che conviveva con la cognata Erodiade, era stato imprigionato. Durante il banchetto per il compleanno del re la figlia di Erodiade, Salomè, danzò in modo così coinvolgente che Erode le promise qualsiasi premio volesse, la ragazza, istigata dalla madre, chiese la testa del Battista su un piatto d’argento. La scena mostra un vasto salone rinascimentale con un ricco tavolo imbandito disposto a ferro di cavallo. Protagonista indiscussa è Salomè, raffigurata tre volte: al centro mentre danza leggiadra e flessuosa, poi sulla sinistra raccoglie la testa del Battista e, infine a destra, inginocchiata, mentre porge la testa alla madre Erodiade. L’espressione di quest’ultima, altera e impassibile, contrasta fortemente con quelle meravigliate o disgustate dei convitati presenti alla macabra scena, ad esempio i due bellissimi giovani sulla destra. I volti delle tre Salomé non sono uguali, forse a voler differenziare stati d’animo diversi o età diverse. In quella centrale, danzante, la figura più nota del ciclo, si individuano i tratti adulti della bellissima Lucrezia Buti, amante e amata dal pittore, che "presterà" il proprio volto alle Madonne più belle della seconda metà del Quattrocento fiorentino, diventando modello di grazia e eleganza, foriero di insegnamenti per altri artisti tra cui un giovane Sandro Botticelli.
CronacaSalomè, la danza della bellezza Immagine simbolo di un capolavoro