REDAZIONE PRATO

Rottama il vecchio cappotto, avrai un bello sconto sul nuovo

Il distretto pratese (centrodestra e centrosinistra uniti) chiede sostegni per chi acquisti un abito dando indietro quello usato. Nel segno dell'ecologia

Un negozio di abbigliamento

Prato, 8 ottobre 2020 - Rottamare il cappotto come una vecchia auto o una lavatrice a fine corsa. È la proposta che Prato, capitale mondiale del tessuto cardato, rivolge al governo, sperando di attingere ai contributi del recovery fund.

L'idea non è di lana caprina ed ha padri rispettabilissimi: il deputato di Cambiamo Giorgio Silli, pratese discendente di una famiglia di imprenditori tessili e profondo conoscitore della materia e il sindaco Matteo Biffoni, eletto col centrosinistra. "Non guardiamo ai fronti contrapposti, bisogna fare squadra, quando sono in ballo le sorti del distretto tessile", dicono in coro. A proposito di distretto, a fianco dei due politici si schiera Confindustria Toscana Nord, che già in passato aveva intrapreso l'(allora) strettissima via della rottamazione dei capi di abbigliamento.

L'onorevole Silli e il sindaco Biffoni
L'onorevole Silli e il sindaco Biffoni

L'obiettivo è riconoscere a chi compra un apprezzabile sconto sul capo nuovo, se lascia in negozio l'abito usato. Al commerciante, benefici sottoforma di credito d'imposta. Per le imprese tessili si tratterebbe di una scossa al mercato, dell'abbigliamento, ora stagnante, che consenta di svuotare i magazzini e soprattutto attivare nuove commesse e ridare il via alla produzione.

Quindi, è prevista una ricaduta ambientale che arricchisce di fascino l'intera operazione e la pone in linea con i più avanzati indirizzi europei: la rottamazione del cappotto non sarà soltanto un modo di dire. Dal capo dismesso saranno recuperate le fibre, che serviranno a produrre nuove stoffe secondo la tradizione che Prato porta avanti da secoli e le è valsa la fama di capitale mondiale (anche) del cardato rigenerato.

Curzio Malaparte scrisse che "tutta a Prato va a finire la storia del mondo. Tutta a Prato in stracci": a leggerlo con gli occhi di oggi, non c'è niente di più affine all'economia circolare. Al punto che Astri (Associazione tessuto rigenerato, 190 aziende iscritte) segnala che, fra crisi generale e lockdown, i fatturati sono scesi in un anno fra il 30 e il 50% ed auspica un intervento del governo che rappresenti non un bonus fine a se stesso ma l'innesco di un ciclo virtuoso fra produzione e rigenerazione. "Però - osserva Fabrizio Tesi, presidente di Astri - vorremmo che i capi da ritirare fossero made in Italy, in linea con le normative ambientali e chimiche, le stesse che noi rispettiamo nella produzione". Si vuol evitare, insomma, che a trarre vantaggi dalla rottamazione siano concorrenti - come il mercato orientale - che non garantiscono sostenibilità né rispetto per la salute.

"Invece il nostro rigenerato - aggiunge Tesi - raggiunge alti livelli di qualità costando la metà dei capi in fibra vergine. La rottamazione rappresenta per noi anche un modo di approvvigionamento di materie prime". Ovviamente, Prato non produce solo tessuti in fibra vergine e l'intera filiera pratese - e in generale l'intero tessile nazionale - beneficerebbe della rottamazione.

Oltre che per i produttori di tessuti, i confezionisti, i sarti, i negozianti, la rottamazione degli abiti porterebbe vantaggi a tutti quelli che hanno l'armadio pieno di capi che non indossano più, senza il coraggio di gettare quel vecchio paltò cui sono legati tanti ricordi. Sappiano che, liberandosene, loro riceveranno un bello sconto e lui, il cappotto sarà avviato a nuova vita, trasformandosi in giacca, giaccone, coperta... Perché la lana si rigenera, rivive. In quella che un celebre inviato definì la "metempsicosi dello straccio". Copyright Indro Montanelli.

Piero Ceccatelli