Rogo doloso mette in ginocchio nove aziende E’ la nuova guerra dei pronto moda cinesi

Notte di paura al Macrolotto Uno, fra le imprese costrette a fermarsi c’è una tessitura italiana. Per spegnere le fiamme usato un robot telecomandato

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Fiamme e sospetti al Macrolotto Uno. È stata una guardia giurata di passaggio nella zona a dare l’allarme intorno alle 3,30 della notte scorsa, quella fra lunedì e martedì. Lingue di fuoco alte diversi metri stavano avvolgendo un capannone industriale di via Gora del Pero, strada centrale costellata di pronto moda a conduzione cinese. Il fuoco è partito dalla Vivi Style e in poco tempo, grazie agli abiti stoccati nei magazzini che hanno fatto da combustibile, ha attaccato tre pronto moda cinesi e una tessitura italiana, la Furpile, tutte attività confinanti. Da qui le fiamme si sono ulteriormente propagate ad altri quattro pronto moda, che sono stati seriamente danneggiati. Il primo pensiero è andato all’eventualità che all’interno ci fossero persone ancora intente a lavorare. L’immobile di proprietà italiana, sede delle aziende cinesi, si trova poco distante dalla Teresa Moda, la confezione all’interno della quale nel 2013 morirono sette operai cinesi. Una tragedia rimasta indelebile nella memoria collettiva. Quando i vigili del fuoco sono giunti sul posto non hanno trovato nessuno all’interno delle ditte: gli operai erano usciti.

"Lavorano fino alle 2 di notte, poi riaprono la mattina intorno alle 10", dice Luigi, imprenditore in pensione che un tempo aveva la sua azienda proprio al Macrolotto Uno e che dopo anni di attività svolta gomito a gomito conosce bene le abitudini dei colleghi orientali. Per domare il rogo è stato necessario l’intervento di diverse squadre e autobotti dei vigili del fuoco provenienti dal vicino comando di via Paronese, ma anche da Firenze, Pistoia e Lucca, per un totale di 40 unità e una quindicina di automezzi. Ingenti i danni all’edificio: il tetto, coperto da pannelli fotovoltaici, è crollato. Tre ditte sono andate completamente distrutte, altre sei sono rimaste seriamente danneggiate. Le operazioni di spegnimento delle fiamme sono andate avanti per tutta la notte e la giornata di ieri. Per agevolare le operazioni è stato utilizzato il Trypper, un robottino cingolato teleguidato, in forza ai vigili del fuoco, inviato nelle parti a rischio crollo per preservare l’incolumità degli stessi vigili del fuoco. Sul posto sono intervenuti i tecnici di Arpat, del Dipartimento di Igiene e prevenzione dell’Asl che ha scongiurato la presenza di amianto e dormitori e insieme ai carabinieri del comando di Prato. Sul posto sono arrivati anche i vigili del fuoco di polizia giudiziaria per l’acquisizione dei primi elementi utili ad avviare le indagini. In particolare, si tratta di avere a disposizione ciò che può essere tratto da un primissimo sopralluogo. Ora gli inquirenti sono impegnati nell’individuare gli esatti estremi dei pronto moda coinvolti, risalire ai loro titolari e anche alla proprietà del capannone che nel corso degli anni è stato diviso in più unità lavorative.

Le indagini seguite dai carabinieri del Nucleo investigativo, sembrano suggerire la natura dolosa del rogo. In quanto alle motivazioni, al momento la pista più accreditata è legata a motivazioni di lavoro. Un regolamento di conti per qualche sgarro subito e un messaggio forte e chiaro inviato ai titolari del pronto moda? Un copione che, se confermato, riporterebbe a un altro recente episodio intimidatorio accaduto in una tavola calda in via dei Confini, sempre al Macrolotto, alla fine di agosto. Un commando di quattro orientali fece irruzione nella tavola calda all’interno della quale stavano cenando quattro imprenditori cinesi, titolari di alcuni pronto moda, gambizzati dagli assalitori. L’ipotesi più accreditata, anche in quale caso, è che si sia trattato di un regolamento di conti per lavoro. La crisi innescata dalla pandemia e esacerbata dal caro energia non risparmia nemmeno i pronto moda abituati a macinare ordini su ordini. Gli inquirenti mantengono comunque il massimo riserbo. È forse l’inizio di una guerra di potere destinata a lasciare una lunga scia macerie?.

Silvia Bini