Ritorna "La bohème". Al Politeama. Pratolirica e il centenario di Puccini

Appuntamento in dicembre. La storia pratese di un’opera rivoluzionaria eseguita ben 117 volte al Metastasio .

"Son bella ancora?" domanda Mimì a Rodolfo un minuto prima di spirare…. "Bella come l’aurora!" risponde il sognante poeta tenendole la manina su un accordo agghiacciante di Si minore. Qui muore Mimì (e Puccini disegna sul pentagramma un teschio…). Ma la malaticcia protagonista dell’opera lirica più popolare e più rivoluzionaria al mondo, non muore: La bohème del 1896 è "bella ancora", un modello di un nuovo stile di fare teatro lirico. Muore invece Puccini cento anni fa (il 29 novembre 1924) e già si celebra dappertutto il centenario. A Prato è in testa "Pratolirica" con il coro di Mayumi Kuroki, un cast di giovani interpreti "bohemiens" messo insieme da Nicola Mottaran maestro al pianoforte insieme a un pezzo della Scuola Verdi, e la regia di Serenella Isidori: sarà il 10 dicembre alle 16 al Politeama (alle 15 ingresso libero al Ridotto per la consueta presentazione). Per onorare in modo originale l’anniversario pucciniano, l’associazione "Perché Verdi Viva" sta pensando di trovare un’intesa per trasmettere a livello regionale quella trilogia pucciniana prodotta dal Comune nel 2010 (e registrata da Toscana Tv), che con "Tosca-Bohème-Turandot" aprì la porta del Castello alla lirica: oggi documenti eccezionali. La storia pratese de La bohème: arrivò al Metastasio per la prima volta nel 1898, appena due anni dopo la prima di Torino, con 19 recite consecutive e il record di ben 117 recite fino al 9 ottobre del 1955, ultima Bohème prima della chiusura per restauri del nostro teatro nel 1956. E sapete chi era quella Mimì che nella foto qui a fianco a proscenio appare per i saluti? Anna Maria Frati, una pratese destinata ad una luminosa carriera che la portò in giro per il mondo: scomparsa di recente, è tornata a Prato, nel cimitero di Galciana. Altra Mimì pratese fu nel 1952 Clara Pratesi che veniva dal coro della Verdi. E quanti Rodolfo e Colline e Marcello nati qui e cresciuti "bohemiens" nei teatri pratesi!

Altri tempi. Quando il Metastasio era ingombro della buca del suggeritore e il sipario dipinto aveva quel curioso pertugio per i saluti a proscenio. Eppure Puccini era ancora Puccini non violentato da certe fantasie registiche di oggi che fanno morire Mimì per overdose o (è il caso recente di Torre del Lago) i "castelli in aria" dei giovani scapigliati ricchi "di sogni e di chimere" che diventano bandiere di estremisti sessantotini. Torniamo all’antico, alla modestia di un sipario dipinto, sgualcito. E lasciamo morire in pace Mimì sull’accordo di Si minore.

Goffredo Gori