"Quelle foto che fanno parlare anche l’anima" Ranfagni e l’archivio che racconta una città

Le sue fotografie hanno impreziosito la nostra rubrica dedicata a Prato. Ne è nato un libro: l’8 settembre sarà in regalo con La Nazione

Migration

di Roberto Baldi

Non esitò nemmeno un momento quando gli chiedemmo, in nome dell’antica amicizia e della memoria paterna di Alfredo che aveva vissuto culo e camicia con la nostra redazione di via Garibaldi, di accedere al santa santorum dell’archivio fotografico di via Santo Stefano, dove il padre aveva cominciato a vivere con noi de La Nazione la storia della città. "Icché ci va ci vole", rispose Piero alla maniera tutta pratese, pochi discorsi e molti fatti, connaturato alla città di dentro le mura, dove il negozio era occasione anche di ritrovo per noi del giornale a cercare istantanee e raccontarci a vicenda i fatti del giorno. Sono le foto dell’archivio Ranfagni, infatti, ad accompagnare il libro ’Prato

com’era’, che sarà regalato l’8 settembre con La Nazione e che ha visto il valido contributo di Confindustria Toscana Nord.

"Quest’iniziativa è un omaggio alla Prato che mi sta nel cuore. Ho chiuso a 76 anni per raggiunti limiti di età, assegnandomi il precetto canonico del pensionamento che vige in Curia a due passi dal nostro negozio. Abbiamo raccontato per immagini la Prato che non c’è più, dagli anni Cinquanta ai Settanta, ma risalendo ancora più indietro nel tempo con l’archivio costruito da mio padre Alfredo, a cui mi avvicendai dopo aver fatto la maturità al Liceo classico Cicognini di piazza del Collegio e aver frequentato la facoltà di giurisprudenza a Firenze. Mi accorsi presto che l’avvocatura non era pane per i miei denti e decisi di darmi alla fotografia, un’arte. Anzi più che un’arte: è il fenomeno solare in cui l’artista collabora con il sole".

Come cominciaste?

"Mio padre aprì lo studio in via Santo Stefano nel 1953, portandovi in dote un archivio già straordinario, che partiva dagli anni della Grande Guerra e comprendeva foto degli anni Trenta, dell’epoca fascista e dei suoi vari eventi, tra cui le marce e la visite di Mussolini e di Maria Josè. Cominciò a fare il fotografo proprio negli anni Trenta, nello studio Coppi in piazza Buonamici. Ci sono foto che mi sono carissime, come quelle dell’alluvione del ‘66 e della nevicata del ‘73, ma anche le vecchie foto della Passerella o di via Ferrucci dove, al posto del supermercato Pam, c’era la fabbrica Sanesi. Ora l’archivio digitalizzato è contenuto in due preziosi hard disc, mentre il patrimonio dei negativi è stato donato all’Archivio fotografico toscano".

Gli episodi che più ti sono rimasti in mente...

"L’alluvione e l’isola del Giglio dove ci avventurammo col capocronaca di Prato Mancini, grande navigatore poi deceduto nella peripezia con Fogar, per portare una ricetrasmittente ai residenti col mare in burrasca. Fummo respinti dalle onde e poco mancò che io ragazzino me la facessi addosso. Il tutto immortalato in bianco e nero. Quando si fotografano persone a colori, si fotografano i loro vestiti. Ma quando si fotografano persone e situazioni in bianco e nero, si fotografano le loro anime: il colore dedrammatizza, il bianco e nero è più carico di emozioni".

Tante foto anche del Prato Calcio.

"Son sempre stato tifoso sfegatato del Prato e del Milan. Anche recentemente sono stato a trovare Boninsegna a Mantova dove abita, dopo che aveva giocato nel Prato nella stagione 1963-64. Sono stato poche settimane fa anche al compimento dell’ottantesimo anno di Italo Rizza a Tobbiana insieme ad ex calciatori di allora. Fra i biancazzurri che ricordo maggiormente anche Fausto Oliva, che giocò nel Prato dal 1976 al 1978 e inebriò tutti con quel suo gioco stile sudamericano, finte controfinte, dribbling. Tutti immortalati nelle mie foto. Una bella fotografia vale più di mille parole scritte. Il denominatore comune di tutte le foto è sempre il tempo, il tempo che scivola via tra le dita, fra gli occhi, il tempo delle cose, della gente, il tempo delle luci e delle emozioni, un tempo che non sarà mai più lo stesso".

Come giudichi i giorni attuali rispetto al passato?

"Sempre difficile dire quali sono i mondi migliori. Rimettiamo a ognuno il giudizio, attraverso anche il libro ‘Prato com’era’ che racconta quegli anni, offrendo attraverso l’individuazione di personaggi, accadimenti, luoghi, un combustibile per capire il vissuto e quello che ci resta nel presente. Alla nostra età è importante aggiungere più vita agli anni, non più anni alla vita, planando sulle cose dall’alto".