Palazzo dei vip senza canne fumarie: annullata la vendita da mezzo milione

Il notaio Pasquetti vince la causa: riavrà i soldi dell’appartamento. Tutti i retroscena

Il notaio Carlo Pasquetti

Il notaio Carlo Pasquetti

Prato, 8 gennaio 2017 - Ci sono voluti cinque anni di una sfinente battaglia legale ma alla fine ha ottenuto ragione. Una storia dai contorni kafkiani ma che per il notaio Carlo Pasquetti, stimato professionista pratese, è diventata quasi ragione di vita per vedersi riconosciuto quello che per lui è sempre stato un diritto: la certificazione sull’abitabilità dell’appartamento acquistato nel 2010 in via Telemaco Signorini 7. Un palazzo (il Lungobisenzio 2000) le cui vicende sono arrivate più volte agli onori delle cronache perché costruito senza canne fumarie. Il condominio definito «dei vip», progettato per ospitare appartamenti di lusso, in realtà non rispetta le minime norme in materia di dispersione dei fumi delle cucine: i condotti delle canne fumarie ci sono, ma i tubi non sono mai stati messi e non sono stati collegati alle cucine.

A mettere fine all’intricata vicenda (dopo i sopralluoghi di tecnici, esperti, polizia municipale e di una lunga battaglia a suon di carte bollate) è stato il giudice Micaela Lunghi della sezione civile del tribunale di Prato che – in un’articolata sentenza – ha dato ragione al notaio Pasquetti, assistito dall’avvocato Vito Veneroso, e ha condannato i soci della cooperativa, Alessandro Santi e Sandra Paci, che hanno venduto l’immobile, alla risoluzione del contratto con il professionista e alla restituzione dei soldi versati. Il giudice ha, inoltre, condannato i due tecnici, gli architetti Alessio Cantini e Marco Benassai (il primo progettista e direttore dei lavori, il secondo che ha certificato l’abitabilità dell’immobile) insieme a Santi e Paci, a liquidare a Pasquetti 20mila euro come risarcimento danni. Nella sentenza il giudice ha ripercorso le tappe fondamentali della vicenda sostenendo che dall’istruttoria emerge senza ombra di dubbio la mancata abitabilità avanzata dal professionista: «Appare sussistente e pacificamente ammessa dai convenuti», scrive. Per il magistrato «non è fondata la circostanza per cui l’attore avrebbe saputo fin da subito della carenza della canna fumaria». Tutt’altro, «dagli atti della pratica edilizia presentata in Comune emergeva che la canna fumaria era presente regolarmente», aggiunge. Durante il procedimento i progettisti e i costruttori si sono difesi sostenendo che il notaio fosse a conoscenza della mancanza delle canne fumarie prima della stipula del contratto. Affermazione alla quale Pasquetti si è opposto spiegando di aver scoperto della mancanza solo quando fu montata la cucina. «Dagli atti – scrive il giudice – non è emersa la prova che il notaio Pasquetti fosse a conoscenza delle condizioni dell’immobile al momento della vendita». Dalla verifica dei dati catastali e urbanistici il certificato di abitabilità era stato regolarmente rilasciato.

Il notaio ha vinto su tutta la linea, anche dopo che fu negata l’abitabilità al palazzo e, come escamotage, furono fatti dei buchi a parete come sfiato dei fumi. Una soluzione che non è, comunque, a norma tanto che Pasquetti si è sempre rifiutato di eseguire quei fori.

Ora il notaio deve riavere indietro i 440mila euro versati per l’acquisto della casa (poco meno di 100 metri quadrati) e, in cambio, renderà le chiavi dell’appartamento. La sentenza è immediatamente esecutiva, anche se i condannati potranno decidere se fare appello. Intanto, il professionista ha girato una copia della sentenza all’ordine degli architetti dopo gli innumerevoli screzi avuti negli anni con i progettisti. La sentenza potrebbe trasformarsi in un monito per gli altri trenta condomini del «palazzo vip» dove gli odori dei soffritti si sentono fin nel vano scale.