di Elena Duranti
PRATO
C’è tanta rabbia e altrettanta frustrazione nel menu dei ristoratori di Prato. Hanno tirato giù la saracinesca ieri alle 18, convinti che questa non sia la giusta misura anti-Covid. Pochi credono nei ristori economici promessi dal governo e qualcuno vuole chiedere i danni. Danni per i clienti rimandati indietro, per i coperti mai serviti e per le spese per sanificare ogni giorno. Fausto Bagattini del Kaldis Kaffé è categorico: "Il nuovo decreto ci mette in ginocchio, il nostro ristorante apre alle 18, quindi d’ora in poi è destinato a non lavorare più. Capisco l’emergenza sanitaria, ma a questo punto il governo dovrà sostenerci, basta con l’indebitamento o con le briciole. Hanno deciso di colpire la movida, quando al mercato del lunedì c’è sempre pieno di persone anziane a fare la spesa. Ci auguriamo che i finanziamenti promessi arrivino in tempi rapidi, la situazione è grave per i miei dipendenti e dato che facciamo la spesa sul territorio anche per i nostri fornitori. Mi aspetto che il Comune faccia la sua parte sulle tariffe dei rifiuti".
Francesco Secci del bistrot Dek resta sullo stesso spartito: "Chiudere un ristorante alle 18 significa creare una grande problema. Sto riflettendo su cosa fare, questa settimana saremo aperti a pranzo, poi vedremo come organizzarci e su cosa puntare". Matteo Fusai del Big Easy in piazza Mercatale aggiunge: "Ci hanno sacrificato. Noi di solito apriamo alle 21, quindi siamo chiusi per decreto. Come sopravviveremo? A partire da giovedì cominceremo con il delivery service consegnando drink direttamente a domicilio". In via Santa Trinita a La Cova, Federico Frassi prova a reagire con l’asporto tutte le sere e l’apertura a pranzo il sabato e la domenica: "In questi giorni ci siamo confrontati con le associazioni di categoria che ci stanno sostenendo. Mercoledí parteciperemo alla manifestazione organizzata a Firenze da Confcommercio per chiedere di avere subito i ristori economici. Cerchiamo di andare avanti, ma non sarà facile". Il bar Bacchino ha scelto la protesta social e su Facebook ha postato questa dichiarazione: "Siamo intenzionati ad opporci in ogni sede alle restrizioni di orario imposte dal governo. Chiediamo a tutti i ristoranti e pubblici esercizi di Prato di unirsi a noi in una class action per impugnare i Dpcm di Conte davanti al Tar del Lazio. Ora serve la disubbidienza civile".
Vanessa Delucca di Tortellove spiega: "Abbiamo aperto solo da tre mesi e questo nuovo decreto ci mette in crisi. Cercheremo di organizzarci con l’asporto e con le consegne, ma dovremo fare volantinaggio per far conoscere questo servizio. E purtroppo non cambierà nulla con la chiusura dei ristoranti, restano le scuole aperte e gli autobus pieni. Ci aspetta un altro lockdown". Antonio Laganà della Birreria Pedevena, appena inaugurata, non usa mezzi termini: "Che il problema sia la ristorazione lo trovo veramente un’assurdità, allora sarei stato più d’accordo su una chiusura generalizzata. I ristoranti hanno già un controllore interno, perché chiuderli se le scuole, i centri commerciali e le attività che creano assembramento restano aperte? L’unico risultato è un danno ai ristoratori e ai gestori di palestre".
Anche Gionni Bonistalli di To Wine e La Piazzetta dice: "E’ un’assurdità, chiudere i ristoranti alle 18 vuol dire eliminare l’80% degli incassi, è come chiuderli completamente senza prendersi la responsabilità di chiuderli".
Marco Zipoli del Bartat sottolinea: "Una settimana fa abbiamo modificato le nostre proposte, ora dovremo farlo di nuovo, cercando di capire se la gente avrà voglia di uscire a pranzo. Come reagirà davvero? Non vorremo essere costretti ad annullare i pagamenti di tasse e tariffe. Non ce lo possiamo permettere noi e non se lo possono permettere i nostri dipendenti. Cercano tutti di salvare il Natale, ma chissà che non sia troppo tardi".