Operai sfruttati e picchiati. A giudizio gli aggressori

Caso Dreamland: una decina i cinesi rinviati a giudizio con l’accusa di lesioni. I lavoratori venivano pagati una miseria e il 21 ottobre 2021 vennero "puniti"

Una manifestazione dei Si Cobas per i diritti dei lavoratori sfruttati

Una manifestazione dei Si Cobas per i diritti dei lavoratori sfruttati

Prato, 1 febbraio 2023 -  Sono una decina i cinesi che dovranno rispondere in tribunale dell’accusa di lesioni per la grave aggressione dei manifestanti davanti alla Dreamland avvenuta lo scorso 11 ottobre 2021. Si tratta di un filone parallelo a quello dello sfruttamento e potrebbe non essere l’ultimo. In sostanza per la procura si tratterebbe dei "picchiatori" assoldati dai mandanti, arrestati lunedì nel filone per sfruttamento, che avrebbero materialmente aggredito i lavoratori che invocavano i loro diritti, sostenuti dal sindacato Si Cobas.

La brutale aggressione fu portata a termine da un commando arrivato a bordo di un furgone che picchiò a sangue gli operai del pronto moda a gestione orientale, appunto la Dreamland. Operai che stavano manifestando contro le condizioni disumane e di sfruttamento a cui erano sottoposti.

In particolare i due titolari cinesi della Dreamland e i due tuttofare, fra cui uno faceva anche da prestanome, sono stati arrestati con l’accusa di sfruttamento del lavoro. Le indagini hanno accertato che gli operai erano costretti a lavorare 7 giorni su 7, 13 ore al giorno, con brevissime pause per mangiare e senza avere nemmeno la possibilità di allontanarsi dalla postazione. Il tutto per una retribuzione che andava dai 7 ai 13 centesimi per capo lavorato, o per un compenso forfettario di 3 euro l’ora.

La paga era ulteriormente ridotta ai lavoratori clandestini. Condizioni di lavoro scandalose e inaccettabili, senza che fossero nemmeno rispettate le minime norme sulla sicurezza nei luoghi di lavoro e senza che nessuno avesse mai seguito corsi di formazione. Gli investigatori hanno accertato che molti attestati sulla sicurezza erano falsi. Questo è un altro filone dell’inchiesta, perché la procura è convinta che siano coinvolti professionisti conniventi.

Sono circa 20 invece i lavoratori sfruttati fotografati durante l’inchiesta, cinesi e pachistani, di cui gli indagati hanno approfittato facendo leva sul loro stato di bisogno.

"L’inchiesta ha svelato chi fossero i mandanti e alcuni esecutori materiali dell’aggressione, restituendo la misura della spregiudicatezza con la quale gli indagati hanno condotto l’iniziativa imprenditoriale, con il solo scopo di massimizzare i profitti", ha spiegato il procuratore Giuseppe Nicolosi dopo l’arresto dei mandanti. Gli esecutori sarebbero appunto una decina, a giudizio per il reato di lesioni.