Mostra Celestini. Alla Baracca per ricordare

A fine mese due serate tra parole e immagini. Il teatro di Maila Ermini e quell’infanzia negata.

Mostra Celestini. Alla Baracca per ricordare

Mostra Celestini. Alla Baracca per ricordare

C’è una storia vera, quella dei piccoli Celestini che subirono maltrattamenti in un orfanatrofio pratese chiuso nel 1966. E c’è un’altra storia, quella di Maila Ermini, anima libera e appassionata del teatro La Baracca, che in vent’anni ha dato voce e cuore a quella triste vicenda, dolorosa e ‘scomoda’ . Vent’anni in cui il sipario per "L’infanzia negata dei Celestini" si è alzato almeno trenta volte, in un’operazione di teatro civile imbastita di denuncia, coraggio e ricerca della verità che per tutto questo tempo sono state la bussola per l’autrice e interprete. Ermini stavolta ha sentito l’esigenza di andare oltre la messa in scena di un ‘classico’ del suo repertorio, valorizzando le mole di documenti, testimonianze orali e incontri con i protagonisti di quella storia: una ‘mostra fotografica parlante’ che prende spunto da una frase che Maila, da bambina, sentiva ripetere dagli adulti. "Ti mando ai Celestini" era un modo scherzoso per convincere i piccoli a comportarsi bene per evitare di finire in orfanatrofio. È anche il titolo dell’originale performance in scena venerdì 23 e sabato 24 febbraio, frutto di un progetto di teatro documentario basato su fonti storiche e articoli di giornale raccolti in gigantografie. Fu una delle pagine più torbide della storia pratese, uno scandalo nazionale che all’epoca investì la Curia con tanto di processo e condanne in primo grado. "Riavvolgerò il nastro di quella storia soffermandomi sui retroscena legati agli spettacoli e sulle testimonianze di ex ospiti diventati adulti ma non solo, come nel caso di un ex maestro che mi è capitato di incontrare un po’ di tempo fa. Una ‘mostra parlante’ che si avvale non solo di immagini ma anche della mia voce". Una narrazione a ritroso che s’intreccia anche con la parabola del teatro di Casale che ha spento 30 candeline e che, con "L’infanzia negata dei Celestini", ha sempre dato prova di coraggio anche a dispetto delle minacce ricevute. Il teatro sa essere un formidabile strumento di trasmissione della memoria. "Sentivo di dover chiudere un cerchio condividendo ciò che è stato raccontato e documentato". L’artista è già al lavoro per mettere in scena "Felino, vite e fughe di un Celestino", una pièce ispirata a una storia vera che esce dalle mura dell’orfanatrofio degli orrori.

Maria Lardara