La morte di Luana. "Girava al massimo e senza protezioni". Chi ha manomesso l’orditoio?

Depositata in procura la perizia sull’incidente del 3 maggio quando Luana D’Orazio, 22 anni, fu risucchiata e stritolata dal macchinario

Il luogo della tragedia. Nel riquadro, Luana D'Orazio

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Prato, 8 settembre 2021 - La perizia sull’orditoio killer, il macchinario che il 3 maggio ha stritolato l’esile e giovane corpo di Luana D’Orazio, operaia di 22 anni che si trovava al lavoro nell’orditura di Oste, è arrivata nel tardo pomeriggio di ieri sulla scrivania del procuratore Giuseppe Nicolosi e del sostituto procuratore Vincenzo Nitti, a cui è affidata la delicata inchiesta. Documento attesissimo da tutte le parti in causa, accusa e difesa, perché fondamentale per la ricostruzione della dinamica dell’incidente che ha ucciso Luana, madre di un bambino di 5 anni. Il consulente del pubblico ministero, l’ingegner Carlo Gini, aveva chiesto una proroga per la consegna inzialmente fissata ad agosto. Ed ecco che, a distanza di quattro mesi dall’infortunio mortale, uno dei tasselli fondamentali dell’inchiesta va al suo posto.

Bocche cucite in procura sul contenuto della perizia. "Siamo alle ultime battute delle indagini", commenta il procuratore Nicolosi. "Puntiamo ad avere a disposizione tutti i documenti utili entro la fine della settimana. Poi tireremo una conclusione". In effetti sono attesi in procura anche i risultati delle verifiche condotte dai militari della Guardia di finanza sui conti dell’azienda in cui lavorava Luana D’Orazio. Tasselli ritenuti indispensabili per ricostruire l’ambiente in cui è avvenuto l’incidente che ha stroncato la vita della giovane mamma e per verificare se l’azienda abbia avuto vantaggi economici nell’impiegare un orditoio privo delle protezioni obbligatorie, come risultato fin dall’inizio dai primi riscontri dell’inchiesta. Una volta che la procura avrà a disposizione tutta la documentazione deciderà se risentire o meno i tre indagati, accusati di omicidio colposo e rimozione delle cautele antinfortunistiche. Si tratta della titolare dell’azienda Luana Coppini, del marito Daniele Faggi (avvocati Barbara Mercuri, Alberto Rocca), considerato dagli inquirenti il gestore di fatto dell’orditura, e di Mario Cusumano (avvocato Melissa Stefanacci), manutenore dei macchinari della ditta di Oste.

La Procura non parla dei contenuti della perizia ma trapelano comunque alcune indiscrezioni sulle conclusioni a cui sarebbe arrivato l’ingegnere Carlo Gini. Di fatto si tratta di circostanze già emerse nel corso dell’inchiesta, ma adesso messe definitivamente nero su bianco. Intanto sembra che l’orditoio al quale stava lavorando Luana stesse girando alla massima velocità - la cosiddetta velocità lepre - senza però che fossero scattate le protezioni previste in questo momento delicato della lavorazione: la famosa saracinesca alzata e non abbassata a impedire che l’operaia si avvicinasse troppo al macchinario. Inoltre Luana, che quel maledetto 3 maggio indossava una tuta sportiva, sarebbe stata agganciata - come ha ricordato il Corriere Fiorentino - da una staffa laterale che gira insieme al subbio del macchinario.

Così in assenza di protezioni di sicurezza l’orditoio avrebbe continuato a girare alla massima potenza, risucchiando il corpo dell’operaia, che non ha trovato scampo. Tutte circostanze che vanno a confermare l’ipotesi sostenuta fin dalle prime verifiche condotte sull’orditoio killer e soprattutto la rimozione delle cautele infortunistiche dall’orditoio costruito dalla azienda tedesca Karl Mayer. Intanto nessuna delle parti in causa vuole ancora commentare le indiscrezioni relative all’esito della perizia. "Prima fateci leggere il documento, poi faremo le nostre valutazioni", dicono i legali usando una comprensibile prudenza. In ogni caso l’inchiesta è davvero a una svolta. Alla Procura spetterà la prossima mossa.