
Morì dopo le botte . Guardie in carcere. Condanna confermata dalla Cassazione
La Corte di Cassazione ha confermato, ieri al termine di una lunga e dibattuta camera di consiglio, la pesante condanna per i due vigilantes, Andrea Priolo e Simone Pagliantini, accusati di omicidio preterintenzionale. I due rispondevano della a morte di Massimo Statunato, pratese di 60 anni, picchiato e trovato agonizzante al pronto soccorso del Santo Stefano, dove le due guardie prestavano servizio, nel 2017. Si chiude così il lungo procedimento, cominciato sette anni fa quando la vittima fu ritrovata privo di conoscenza nella sala di attesa del pronto soccorso. La Cassazione ha messo fine alla vicenda aprendo le porte del carcere per le guardie: la condanna a sette anni è ora esecutiva. Il processo è stato piuttosto tormentato e ha riservato diversi colpi di scena.
La Corte di Assise di Appello di Firenze, infatti, un anno fa ha ribaltato la sentenza di assoluzione pronunciata in primo grado, in rito abbreviato. Priolo e Pagliantini (difesi dagli avvocati Giuseppe Nicolosi, Antonio Denaro e Barbara Mercuri) passarono così da un’assoluzione piena a una condanna a 7 anni.
Ieri gli avvocati della difesa e quello della parte civile, Manuele Ciappi, hanno preferito non commentare a caldo la decisione della Suprema Corte. Quello che è certo è che Priolo e Pagliantini dovranno andare in carcere. Fra l’altro, non hanno mai fatto un giorno di detenzione. L’unica misura adottata fu il ritiro dell’arma e la sospensione dal lavoro, l’istituto di vigilanza per il quale i due lavoravano.
L’episodio risale all’ottobre del 2017 quando la vittima fu ritrovata riversa a terra da una dottoressa dell’ospedale. Il sessantenne pratese, noto tossicodipendente affetto da gravi patologie pregresse, era privo di sensi in un corridoio adiacente al pronto soccorso. Non è chiaro che cosa fosse successo prima dell’arrivo della dottoressa: nessuno, a parte le guardie, era presente quando il sessantenne cadde restando tetraplegico. L’uomo venne ricoverato in un centro specializzato in provincia di Firenze ma dopo un anno morì. Nell’anno in cui l’uomo rimase in vita fu sentito in sede di incidente probatorio e fu lui a dichiarare di essere stato vittima di un pestaggio da parte delle guardie che prestavano servizio al pronto soccorso senza però che venisse sottoposto a riconoscimento fotografico. Dopo la morte venne disposta dalla procura l’autopsia e il reato passò da tentato omicidio a omicidio preterintenzionale. Le due guardie si sono sempre difese dicendo di non aver mai toccato l’uomo ma di averlo allontanato perché dava fastidio e di aver sentito un tonfo quando se ne stava andando via. Secondo quanto riferito dalle due guardie, il sessantenne sarebbe caduto da solo e loro avrebbero chiesto aiuto ai medici. Sul caso si è aperta una vera e propria guerra di perizie: la prima della procura parlava di lesioni compatibili con una caduta su una superficie piana ma non metteva in correlazione eventuali botte con la tetraplegia. Anche la seconda della difesa escludeva una relazione fra i due eventi. La terza, quella del giudice, invece, parlava di una lesione compatibile con una botta inferta, ad esempio, con un calcio. Ieri è arrivata la sentenza definitiva.
Laura Natoli