Morì cadendo dal treno in corsa. Chiesti 5 mesi per uno degli imputati

Tutti e 7 sono accusati di sequestro di persona e minacce aggravate. Il ristoratore Claudio Vita morì a 30 anni scivolando dal convoglio. Il Gup Dario Berrino deciderà nella prossima udienza del 7 maggio.

Morì cadendo dal treno in corsa. Chiesti 5 mesi per uno degli imputati

Morì cadendo dal treno in corsa. Chiesti 5 mesi per uno degli imputati

Si dovrà attendere ancora un mese per conoscere il destino dei sette imputati per la tragedia che ha visto la morte del titolare del bar ristorante Vintage di Montignoso, Claudio Vita, nel 2021. Un’udienza fiume, durata circa 5 ore, che ha visto il giudice dell’udienza preliminare, Dario Berrino, riservarsi al 7 maggio prossimo alle 15, quando leggerà il dispositivo che potrebbe, eventualmente, rinviare a giudizio tutti o parte dei 6 imputati, o emettere sentenza di non luogo a procedere. Per uno di loro invece c’è la richiesta, da parte della Procura, di 5 mesi e 10 giorni per entrambi i capi di imputazione, visto il rito abbreviato accettato dal Gup.

I sette sono accusati da due pratesi di sequestro di persona e minacce gravi. Si tratta di Alessio Bertoneri, difeso dal legale Dino del Giudice (che ha ottenuto l’abbreviato e versato 5 mila euro a favore di uno delle parti civili, Enrico Orlandi, difeso dalla legale Giuseppina De Luca, per la remissione di querela), Daniele Cavallaro, difeso dal legale David Cappetta e Cristiano Bascherini, difeso da Elisabetta Caldani e Luca Benedetti. Il padre di Vita, Lamberto, è difeso da Adele Boris. Invece Alessio Valentini è difeso da Enzo Frediani, Irene Mignani da Cappetta. Arianna Rovai difesa da Paola Baroncelli di Firenze.

Il ristoratore di Montignoso, perse la vita scivolando da un treno in corsa la notte fra il 18 e il 19 aprile del 2021. Secondo l’ipotesi accusatoria della pm Giulia Giancola, i pratesi Orlandi e Michael Pellegrino, pranzarono nel ristorante di Vita, al Cinquale. A un certo punto il ristoratore, insieme ad alcuni dipendenti del locale, accusarono i due di aver rubato un borsello con dentro diecimila euro. Nacque un diverbio animato. Uno riuscì a scappare mentre all’altro vennero tolte le chiavi della macchina per impedirgli di fuggire e lo minacciarono. Il pratese scappato riuscì a raggiungere la stazione di Massa. ma Vita lo rintracciò e lo intercettò sui binari. Il pratese, spaventato, si aggrappò a un treno in corsa. Vita fece lo stesso, ma pochi chilometri dopo la stazione perse l’equilibrio e cadde sui binari sbattendo la testa fatalmente.

Nel frattempo il padre di Vita aveva costretto l’altro pratese rimasto prigioniero nel locale a salire in auto e a raggiungere la stazione di Pisa San Rossore (dove il treno merci si sarebbe dovuto fermare dopo Massa). L’auto, però, venne fermata dai carabinieri e il ragazzo, impaurito, chiese aiuto. La mattina successiva i militari bussarono alla porta di casa del ragazzo scappato per la perquisizione: i soldi non furono trovati. In realtà, il borsello con il denaro venne rinvenuto nel locale di Vita.

Alfredo Marchetti