Maltrattamenti nella Rsa: "Ignorata la nostra denuncia"

La rabbia dei parenti di una vittima. La figlia: "Chiediamo che le indagini vengano riaperte"

Parenti di una vittima

Parenti di una vittima

Prato, 5 dicembre 2015 - «Io e mia madre non siamo mai state ascoltate dagli investigatori, neppure per sapere che cosa avevamo da dire. Eppure le nostre denunce sui maltrattamenti all’interno dell’Rsa di Narnali risalgono al 2012 quando mio padre era ricoverato nella struttura». Natascia Badii insieme alla madre, Silvana Maccherini, tornano a farsi sentire dopo la notizia della richiesta di rinvio a giudizio dei tredici dipendenti della struttura di Narnali dove sono avvenuti i maltrattamenti sugli anziani. Botte, minacce e offese che secondo le due donne anche il padre e marito, Luigi Badii, avrebbe subito durante la sua degenza nell’Rsa. Segni di percosse e lividi sulle braccia, episodi di maltrattamenti che le due donne hanno visto con i loro occhi e per i quali avevano sporto due denunce ai carabinieri nel 2012.

Luigi Badii è morto un anno e mezzo fa a 64 anni ed è stato ricoverato a Narnali dal 2011. Le denunce presentate dalle familiari di Badii adesso hanno un peso ben diverso, anche se Natascia e Silvana hanno scoperto, con amarezza, essere state archiviate. «Nessuno ci ha dato ascolto – prosegue Natascia – Nelle ultime indagini ho rivisto nomi e personaggi che avevo conosciuto all’epoca in cui mio padre era ricoverato. Come è possibile che le nostre denunce siano state ignorate? Potevamo almeno essere ascoltate quando il caso è stato riaperto in seguito allo scandalo del luglio scorso». La famiglia di Luigi Badii, come i parenti di altri degenti della struttura che purtroppo non ci sono più, chiede che vengano riaperte le indagini e che venga fatta luce anche sugli episodi precedenti alle indagini della squadra mobile. 

Natascia si era già rivolta a La Nazione a luglio quando, appresa la notizia della richiesta di provvedimenti cautelari per diciassette dipendenti della struttura, aveva sentito lo stesso dolore provato quando il padre era ancora in vita. La figlia non ha dimenticato gli anni passati dentro la struttura di Narnali, caratterizzati – come racconta – «da angherie, maleducazione e mancanza di disponibilità e professionalità» da parte di alcuni operatori. E soprattutto da tanta «omertà».

«Mi ero resa conto benissimo di quello che accadeva nell’Rsa tanto che ho sporto denuncia a carabinieri due volte, ma nulla è cambiato. Mi sembra inutile invitare i familiari a denunciare i maltrattamenti come richiesto a luglio scorso: per me è rimasto tutto uguale», ha detto amareggiata. «Ho riconosciuto i nomi delle stesse persone che avrebbero dovuto accudire mio padre e mi si è accapponata la pelle – spiega – Mio padre è entrato a Narnali nel 2011 in seguito alla malattia. Io e mia madre eravamo molto presenti e abbiamo vigilato e visto di persona quello che accadeva. Più facevamo notare le cose e più ci venivano fatti i dispetti. Dopo tutto quello che abbiamo passato e che ha passato mio padre, adesso io e mia madre dobbiamo sentirci rispondere che le nostre denunce sono state archiviate? Esigiamo che almeno ci venga fornita una spiegazione sul perché dell’archiviazione».