
Presentata la relazione semestrale della Direzione investigativa antimafia
Torna l’allarme per la presenza delle mafie nel territorio pratese. A lanciare nuovamente l’allarme, questa volta, è stato il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, che nei giorni scorsi ha presentato la relazione sull’attività semestrale della Direzione investigativa antimafia (Dia) nelle varie provincie italiane. Fra queste figura anche Prato, dove non solo si sta affermando sempre più la consapevolezza della presenza sul territorio della mafia cinese, ma anche di organizzazioni criminali italiane e di altre etnie.
"In provincia di Prato risulta consolidata una forte presenza della criminalità cinese che gestisce importanti giri di affari illegali, legati soprattutto all’imprenditoria tessile e dell’abbigliamento, ai settori del gioco e delle scommesse clandestine, cui si ritiene possano essere ricondotte anche ipotesi di riciclaggio", si legge nella relazione. Un tema che sta prendendo sempre più corpo soprattutto dopo i ripetuti allarmi lanciati nei mesi scorsi dal procuratore Luca Tescaroli che, a più riprese, ha chiesto la creazione di un distaccamento della Dda (direzione distrettuale antimafia) a Prato. D’altronde è sotto gli occhi di tutti come le organizzazioni cinesi stiano operando sul territorio da un po’ di mesi a questa parte. Tentati omicidi, incendi dolosi, intimidazioni, minacce, sparatorie e perfino un duplice omicidio che, per la verità, è avvenuto a Roma ma che potrebbe essere collegato alla faida in corso in città fra gruppi di imprenditori orientali contrapposti.
La criminalità organizzata cinese ("mafia cinese"), presente nelle province di Firenze, Prato e Pistoia — nelle zone industriali di Osmannoro a Firenze, Macrolotto a Prato fino a Montale e Quarrata — si conferma come un fenomeno insidioso "per l’intrinseca ed impenetrabile componente “solidale”, ma soprattutto per le ricadute che la contraffazione dei marchi e il contrabbando dei prodotti determinano a lungo termine sui mercati e sull’economia legale, specie nella filiera del tessile e dell’abbigliamento", si legge sempre nella relazione.
Settori nei quali "notoriamente le ditte cinesi avviano la produzione con gravi violazioni della normativa ambientale, sanitaria e del lavoro, spesso con l’impiego di manodopera clandestina nonché perpetrando irregolarità in materia di sicurezza. Un fenomeno che viaggia parallelamente a sistemi di trasferimento illegale di capitali, desumibili anche da indagini che, nel recente passato, hanno profilato ipotesi di riciclaggio", spiegano sempre dalla Dia.
Fra le operazioni ricordate nella relazione c’è quella chiamata "Endgame" che stroncò un giro di affari illegali legati alla pratica del gioco d’azzardo, molto diffuso nella comunità cinese. Furono emesse dodici ordinanze di custodia cautelare nei confronti di italiani e cinesi che furono indagati di associazione a delinquere finalizzata all’esercizio abusivo dell’attività di raccolta di giochi e scommesse online, estorsione, traffico e detenzione di droga. L’indagine portò al sequestro di beni per un milione di euro oltre a tre sale giochi, una società, un’auto di lusso.
Insomma, una situazione complessa che fa della Toscana – e soprattutto del circondario tra Firenze, Prato e Pistoia – un territorio che attrae le infiltrazioni di tipo mafioso.