REDAZIONE PRATO

"l’incontro col prefetto"

Ieri il blitz con l’elicottero e centinaia di uomini delle forze dell’ordine. Indagati per corruzione alcuni agenti della penitenziaria e 27 detenuti. La procura: "Mancanze di controlli e comportamenti collusivi" .

Ieri il blitz con l’elicottero e centinaia di uomini delle forze dell’ordine. Indagati per corruzione alcuni agenti della penitenziaria e 27 detenuti. La procura: "Mancanze di controlli e comportamenti collusivi" .

Ieri il blitz con l’elicottero e centinaia di uomini delle forze dell’ordine. Indagati per corruzione alcuni agenti della penitenziaria e 27 detenuti. La procura: "Mancanze di controlli e comportamenti collusivi" .

PRATO Telefoni cellulari, microtelefoni, smartwatch arrivati con i metodi più fantasiosi: cuciti dentro palloni lanciati oltre mura, o tirati con le fionde. E’ stato trovato addirittura un router per collegarsi alla rete: praticamente un ‘internet point’ all’interno della Dogaia, dove comunicare con l’esterno, anche per detenuti al regime di 41 bis (nel carcere pratese ci sono boss e vari capi di clan di mafia e camorra), diventava un gioco da ragazzi. E poi droga, a uso e consumo di molti detenuti. La maxi operazione coordinata dalla procura di Prato, guidata da Luca Tescaroli, ha messo in luce tutte le crepe di un carcere malato. Un carcerre, come viene sottolineato nella nota della procura, caratterizzato da "un pervasivo tasso di illegalità, concretizzatasi in plurime e ravvicinate condotte criminose in un contesto di mancanze di controlli e comportamenti collusivi di esponenti della polizia penitenziaria". Uno scenario reso possibile anche da forme corruttive: sarebbero coinvolti quattro agenti della polizia penitenziaria e risulterebbero anomali contatti tra ulteriori quattro agenti e personale addetto alle pulizie nella struttura.

Le indagini vanno avanti da luglio 2024 ma quello di ieri è stato il d-day: all’alba è scattato un maxi blitz con tanto di elicottero e una movimentazione di forze enorme. Le indagini sono state condotte con il supporto del nucleo investigativo regionale di polizia penitenziaria, squadra mobile di Prato, carabinieri di Prato e guardia di finanza. Dentro la Dogaia hanno operato 263 uomini delle forze dell’ordine, mentre fuori dal carcere, altri sessanta per essere pronti in caso di eventuali sommosse.

Il bilancio di questi mesi di indagine è di 127 i detenuti perquisiti (27 dei quali indagati), sospettati di "aver beneficiato della disponibilità illegale di strumenti di comunicazione e/o di droga". Tutto il reparto di Alta Sicurezza con i suoi 111 detenuti sono risultati destinatari di perquisizione, ispezione e sequestro: 14 sono indagati, tutti italiani, perlopiù in carcere per reati di criminalità organizzata. Ai raggi x anche il reparto di Media Sicurezza, in particolare gli spazi comuni. Qui gli indagati sono 13 (otto italiani e 5 stranieri). Sono sospettati di corruzione tre appartenenti alla polizia penitenziaria (hanno tra i 29 e i 32 anni). L’indagine ha compreso anche perquisizioni nei confronti di nove indagati nelle province di Prato (due), Napoli (due), Arezzo (una), Roma (Uno), Firenze (una) e Pistoia (una).

E’ la permeabilità del reparto Alta Sicurezza – dove sono reclusi anche capiclan mafiosi (solo il mese scorso, lo ricordiamo, a Prato sono stati arrestati i vertici del clan Sarno ed almeno uno di loro sarebbe alla Dogaia) – a far venire i brividi. Sono infatti risultati "beneficiari di particolari privilegi", come libertà di movimento nel reparto e di non vigilanza. Ma, soprattutto, potevano usare schede telefoniche con intestatari fittizi, attivati presso negozi di Roma e Napoli. E ancora smartphone collegati alla rete telefonica e internet, microtelefoni, smartwatch. Un ‘arsenale’ a livello di possibilità di comunicazione con l’esterno. Ma come arrivava tutto questo dentro la Dogaia? Attraverso i colloqui, con la consegna di pliche destinati ai detenuti, tramite personale in servizio al carcere appartenente anche alla polizia penitenziaria (che per qualche migliaio di euro diventavano ‘postini’). Oppure dall’alto: in un caso soggetti arrivati da Napoli li hanno lanciati con dei palloni. Ma dove venivano nascosti gli apparecchi portati all’interno del carcere anche grazie all’aiuto di alcune guardie carcerarie e di una addetta alle pulizie? In doppifondi creati artigianalmente nelle pentole, sotto il wc, dentro buchi ricavati nei muri, nei piedi dei tavoli, nei doppifondi nelle cartelline portadocumenti. Da luglio 2024 ad oggi sono stati sequestrati 34 cellulari e 2 sim card. Non solo cellulari, ma in carcere arrivava anche droga (cocaina e hashis): la procura ha individuato una centrale di rifornimento in città dove andavano a rifornirsi i ‘permessanti’, detenuti autorizzati a uscire dal carcere. Dall’inchiesta emerge una situazione fuori controllo, caratterizzata da "un apparente massiccio tasso di illegalità e dalla estrema difficoltà di assicurare la sicurezza passiva dei detenuti". La procura sottolinea, a fronte di 596 detenuti di numerose etnie, la cronica mancanza di personale (per gli ispettori e i sovrintendenti la carenza d’organico è del 47 e del 56,5%) e "l’estrema difficoltà di avere interlocutori stante l’assenza e il continuo ricambio di figure direttive". La Dogaia ha una reggente, Patrizia Bravetti. Davanti a lei un lavoro immenso. Perché questo carcere è un’emergenza.

Maristella Carbonin