ANNA BELTRAME
Cronaca

Le lettere di Malaparte. Il dono alla Roncioniana della figlia di Guido Bisori

La Fanciulla del West al Maggio, di cui era regista (con scene e costumi di Soffici). Il comizio per le elezioni perdute nel 1956. La missiva della suora che lo assisteva. in clinica: "Fu conversione". L’incontro tra Curzio, il sottosegretario e Fiordelli.

Curzio Malaparte: in dono alla Roncioniana due sue lettere a Bisori

Curzio Malaparte: in dono alla Roncioniana due sue lettere a Bisori

Due lettere che Curzio Malaparte scrisse a Guido Bisori. Due grandi pratesi, due protagonisti della storia italiana, due amici. Le ha donate nei giorni scorsi alla Roncioniana Maria Bisori, figlia del senatore Dc e per dieci anni sottosegretario al ministero dell’Interno. Ma il dono comprende anche una terza lettera, scritta a Bisori due mesi dopo la morte dello scrittore da suor Giuditta Rolleri, una delle religiose che lo avevano assistito alla clinica Santrix di Roma. Sono tre lettere preziose, che arricchiscono il patrimonio di memorie malapartiane messo a disposizione della città.

La prima lettera, dattiloscritta e firmata da Curzio, fu spedita al sottosegretario da Forte dei Marmi il 30 maggio 1954. Lo scrittore sollecita alcuni interventi a favore dello Spedale Misericordia e Dolce e invita Bisori alla prima della Fanciulla del West di Puccini, della quale lo stesso Malaparte aveva curato l’allestimento per il Maggio Musicale Fiorentino (per un compenso di 800mila lire). Fu uno spettacolo di particolare importanza per la storia della nostra provincia, visto che lo scrittore coinvolse l’amico Ardengo Soffici a cimentarsi, dallo studio di Poggio a Caiano, in un campo per lui nuovo: il disegno delle scene e dei costumi per l’opera, in una collaborazione davvero speciale fra due grandi protagonisti della cultura italiana del secolo scorso.

Nella seconda lettera, che Malaparte scrisse di suo pugno, Curzio informava Bisori di un suo prossimo comizio in piazza San Francesco, con il quale si sarebbe presentato alla città come candidato del Partito Repubblicano per le elezioni comunali del 1956. Tanti pratesi accorsero ad ascoltarlo e ad applaudirlo, ma il responso delle urne fu infausto, perché il Pri non raggiunse il quorum e l’elezione in consiglio comunale sfumò. C’è una curiosa testimonianza scritta dal vescovo Fiordelli in proposito: "Chiuse il comizio dicendo che si augurava che Prato venisse fatta presto Provincia per tutti i suoi meriti che con calore illustrò (...). Poi disse Mi auguro che il primo prefetto non sia il Vescovo! Ma era una battuta in cui non c’era nessuna malizia verso di me". Dopo la mancata elezione, però, Malaparte nella rubrica Battibecco che teneva sul Tempo attribuì al vescovo la colpa della sconfitta, avendo a suo dire manipolato la lista della Dc per sfavorire il Pri. Fiordelli respinse le accuse con una lettera che, sempre su Battibecco, lo scrittore definì nobile, auspicando di conoscere presto il vescovo di persona. Questo però avvenne solo il 2 aprile 1957, quando Malaparte era già ricoverato alla Sanatrix: Fiordelli gli fece visita, accompagnato proprio da Guido Bisori. Si trattennero a lungo con lo scrittore, ricordando fatti e persone di Prato. Poi Malaparte e Fiordelli restarono soli. "Fu un colloquio indimenticabile", annotò il vescovo, cui seguì una corrispondenza epistolare tra i due. "Posso attestare con certezza – scrisse Fiordelli anni dopo – che per lui fu vera e cosciente conversione (...). Fu un lento cammino, silenzioso e riservato, che durò tutte le lunghe settimane che passò in clinica".

Ed ecco la terza lettera donata alla Roncioniana, spedita da Roma il 24 settembre 1957. Suor Giuditta ringrazia Bisori per il discorso commemorativo tenuto al funerale dello scrittore (il sottosegretario fu tra i primi ad arrivare alla Sanatrix il giorno della sua morte), affermando con certezza la sua conversione alla religione cattolica. La lettera è dunque un’ulteriore importante testimonianza sull’ultimo grande interrogativo legato alla straordinaria vita di Malaparte. Una questione a lungo dibattuta, sulla quale anche oggi gli studiosi continuano a farsi domande.