Travolto e ucciso. "Non ci fu omissione di soccorso". Reato cancellato dopo 8 anni e 4 processi

Giancarlo Ravidà, 19 anni, fu travolto e ucciso mentre attraversava la strada. La pena finale per l’investitore è di un anno e 4 mesi solo per omicidio colposo

I sopralluoghi sul luogo dell'incidente in via Valentini

I sopralluoghi sul luogo dell'incidente in via Valentini

Prato, 7 giugno 2023 – Non ci fu omissione di soccorso. Aznag Habib si fermò dopo l’incidente e rimase sul posto per oltre un’ora. E’ questa la ricostruzione a cui è giunta la Corte di Appello di Firenze sul tragico incidente costato la vita al giovane Giancarlo Ravidà, 19 anni originario di Foggia, che venne investito e ucciso la notte del 3 gennaio 2015 in via Valentini, all’altezza della pizzeria "Il ragno", dall’auto condotta dal marocchino.

Ci sono voluti ben quattro gradi di giudizio prima di arrivare a mettere la parola fine su uno degli incidenti stradali più drammatici avvenuti negli ultimi anni a Prato. Quattro processi durante i quali si è dibattuto molto sulla sussistenza o meno del reato di omissione di soccorso, il più grave se riferito a un incidente stradale.

A più di otto anni di distanza dal fatto, finalmente ieri si è messo un punto fermo sulla vicenda. La Corte di Appello di Firenze ha inflitto ad Habib, 36 anni, assistito dall’avvocato Leonardo Pugi, una pena di un anno e 4 mesi solo per omicidio colposo assolvendolo dall’omissione di soccorso, come chiesto dalla difesa fin dal primo grado di giudizio.

A cancellare il reato è stata la Cassazione nel 2019 che ha poi rinviato il processo in Appello per il ricalcolo della pena. Ci sono poi voluti altri quattro anni prima di poter fissare l’udienza. Habib venne condannato in primo grado a due e due mesi, sentenza poi confermata in Appello. All’epoca la Procura aveva insistito molto sull’omissione di soccorso per lo strano atteggiamento tenuto dal marocchino quella sera: Habib non si palesò subito dopo l’incidente ma rimase in disparte a seguire i disperati tentativi di rianimazione del giovane che morì il giorno successivo in ospedale. Habib si costituì solo 48 ore dopo l’incidente in Questura accompagnato dall’avvocato Pugi. L’incidente venne ripreso dalle telecamere di sorveglianza di un locale vicino. Nelle terribili sequenze si vede Ravidà che sta attraversando via Valentini e l’auto che lo travolge.

Il ragazzo venne soccorso da alcuni passanti che chiamarono immediatamente il 118. Habib fermò effettivamente l’auto ma non disse che era stato lui a investire il giovane tanto che nelle prime fasi di soccorso si parlava di aggressione.

Poi le telecamere chiarirono cosa era successo e partì la caccia al "pirata" della strada. "Ci sono le immagini delle telecamere dove si vede Habib fermare l’auto e scendere – ha spiegato l’avvocato Pugi – I soccorsi furono tempestivi. Gli stessi medici e infermieri dicevano a tutti di restare distanti per consentire le operazioni di rianimazione. Cosa che effettivamente Habib fece".

L’impostazione della difesa è stata accolta dai giudici della Suprema Corte che nel 2019 hanno annullato la condanna per il secondo capo di imputazione, quello riferito alla fuga. Una impostazione che invece non aveva trovato l’appoggio della Procura che all’epoca dei fatti chiese una condanna ben più severa, tre anni in rito abbreviato.

Laura Natoli