
La pratese che studia l’atmosfera: "In Amazzonia per capire il clima"
Inutile chiederle se soffre di vertigini. Sì, perché altrimenti non si potrebbe lavorare a 325 metri di altezza, su una torre più alta della Tour Eiffel. La sua missione? Studiare i cambiamenti climatici. Da Prato alla foresta amazzonica, passando per la Germania. Ha girato mezzo mondo Nora Zannoni, ricercatrice pratese dell’Istituto di scienze dell’atmosfera del Cnr, attualmente a Bologna. "Della mia città – dice – mi mancano la famiglia e gli amici".
Una pratese in Amazzonia. Perché?
"Durante il mio dottorato di ricerca in chimica dell’atmosfera, ho preso contatti con il Max Planck Institute in Germania per il progetto ’Amazon Tall Tower Observatory’ nella foresta Amazzonica. Ho lavorato sul campo con due spedizioni mensili all’anno per studiare la stagionalità delle emissioni di gas reattivi dalla foresta. La mia attività principale è stata il campionamento di queste sostanze dalla torre alta 325 metri, con piattaforme per installare la strumentazione scientifica a diverse altezze".
Cosa ha scoperto lassù?
"Misurare queste componenti giorno e notte, continuamente, per periodi intensivi caratterizzati da condizioni meteorologiche diverse, ha permesso di vedere quali sono le emissioni principali della foresta, e la loro dipendenza da alcune variabili meteorologiche".
L’Amazzonia, sorvegliata speciale del cambiamento climatico.
"Le nostre attività permettono di capire meglio come interagiscono le componenti gassose emesse dalla foresta con l’atmosfera e come si formano le nubi nelle foreste tropicali. Queste informazioni vengono utilizzate in modelli climatici per migliorare le previsioni e riconoscere l’importanza dell’Amazzonia nel clima globale".
Di cosa si occupa?
"Sto lavorando a un progetto finanziato dall’Ue all’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima del Cnr per lo studio dell’atmosfera urbana, ovvero delle componenti atmosferiche delle aree urbane in Europa. Fra le città pilota scelte, una di queste è l’area di Milano-Bologna, nella pianura padana: una delle zone in Europa con la peggiore qualità dell’aria".
E Prato?
"Una città industriale e molto urbanizzata, in una zona a sua volta molto industrializzata come quella della piana di Pistoia-Prato-Firenze e vicina a un hotspot di inquinamento atmosferico come l’aeroporto di Firenze. Sul territorio sembrano essere presenti due centraline Arpat per monitorare gli inquinanti atmosferici, entrambe lontane dalla zona industriale. La rete di sensori installata dal Cnr per Prato Urban Jungle ha permesso di monitorare le variazioni di inquinanti atmosferici su una frazione più ampia del territorio".
La qualità della nostra aria?
"Il 17 maggio la centralina di via Ferrucci ha misurato una concentrazione media di PM2.5 di 9 g/m3, e i sensori del Cnr hanno misurato valori superiori al limite dell’Oms su tutto il territorio pratese durante l’autunno 2021. L’eccessiva urbanizzazione ha sottratto aree verdi alla città, utili a migliorare la qualità dell’aria e a prevenire danni di grande portata come quelli visti nelle alluvioni di novembre".
Il Comune ha portato avanti il progetto di forestazione urbana in collaborazione con il professor Stefano Mancuso… "Un’ottima iniziativa per includere aree verdi in città ma non sufficiente. Dal mio punto di vista, si dovrebbe puntare su un maggiore supporto della città ai cittadini, offrire informazioni e servizi su corsi e progetti ecologici nelle scuole, festival ambientali, orti urbani, ma anche zone pedonali, ciclabili e un trasporto pubblico più efficiente". Un suggerimento da ‘scienziata’ per i futuri amministratori. "Rendere gratuiti i trasporti pubblici alcuni giorni l’anno nei giorni di maggiore inquinamento atmosferico".
Maria Lardara