La notte magica in cui Pablito entrò nel mito "Io e mio fratello, inseparabili per sempre"

Fra due giorni, 40 anni fa, da solo stendeva il Brasile. Rossano: "E’ stata la partita della svolta, non solo per l’Italia ma anche per la nostra famiglia"

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"Dalla bandierina Conti... E di nuovo Rossi! Di nuovo Rossi su calcio d’angolo! Terzo gol di Rossi!". E’ il 5 luglio del 1982 e mentre la palla varca per la terza volta la linea di porta allo stadio di Sarriá, accompagnata dalla telecronaca di Nando Martellini, Paolo Rossi entra nella storia del calcio mondiale. Una tripletta al Brasile che fa il giro del globo, trasformando Pablito in un personaggio planetario e trascinando con lui un’intera città, la sua Prato, che all’improvviso si scopre capitale del mondo. Martedì ricorreranno i 40 anni da quella giornata indimenticabile, conosciuta da tutti, anche da chi a quei tempi non era ancora nato. Quel mondiale di Spagna ’82 che ha fatto sognare e gioire un intero popolo. Impossibile non celebrare quel momento, quando Paolo Rossi da bersaglio delle critiche dei tifosi diventa eroe italiano, risvegliando l’orgoglio di una città, Prato, fino a quel momento assopita fra il lavoro ai telai e le perplessità sulla forma fisica di Pablito.

Purtroppo la ricorrenza storica non potrà essere celebrata con il suo protagonista principe, scomparso prematuramente nel dicembre 2020, ma a preservare la memoria di quei momenti restano i familiari di Pablito. Su tutti il fratello Rossano che quei momenti lì ha impressi nella mente come se fossero accaduti ieri.

A 40 anni di distanza cosa le resta di quella serata?

"Ho ricordi nitidi e bellissimi. Era stato un caldo asfissiante per tutta la giornata. La partita l’ho vista in casa da solo con un amico. Mia mamma era in cucina e ascoltava la telecronaca da lontano. Mio babbo era a lavoro, seguiva la partita alla radio. Lui era molto emotivo e non voleva guardare Paolo in tv. Ricordo di avere perso tre chili quella sera fra il caldo e la tensione nervosa. Purtroppo venivamo da un periodo di polemiche, con Paolo che non riusciva a sbloccarsi sotto rete".

Poi, però, arriva il primo gol… "Sì, e fu una liberazione. Da quel momento qualcosa è cambiato. Ci fu un colpo di scena dietro l’altro. Poi nel finale la rete della tripletta, di rapina, come Paolo sapeva fare. Fu l’apoteosi".

La città come rispose alla tripletta?

"Fino alla partita col Brasile non c’era stata grande fibrillazione intorno a casa in via Fucini. Paolo dopo due anni di squalifica non veniva da un momento di forma brillante, poi per fortuna ha trovato la migliore condizione proprio nelle battute finali del mondiale. Al triplice fischio, dopo pochi istanti, comincio a sentire i primi motorini e i fischietti. Mi affaccio e assisto all’arrivo di un tripudio di persone sotto casa".

Cosa ricorda di quella festa? "La gente era presa da una gioia incontenibile. Una vittoria così contro una squadra stellare come il Brasile mandò in estasi tutti. Era un periodo un po’ buio per l’Italia, c’erano stati momenti di tensione sociale, e tutti sentivamo il bisogno di tirare fuori l’orgoglio italiano. Di quella serata ricordo tutti i miei amici arrivare a casa a festeggiare, quelli di mio babbo. E poi le bandiere, i motorini. Fu bellissimo, emozionante. Una liberazione che noi tutti aspettavamo da due anni".

Com’è cambiata la vita della vostra famiglia da quel giorno?

"Da quel momento abbiamo vissuto in funzione di quell’apoteosi. Paolo veniva rammentato sempre. Anche all’estero quando capivano che eri italiano ti dicevano subito: ’Italiano? Ah, Paolo Rossi’. E’ cambiata la vita a tutti. Perfino nella foresta amazzonica lo riconobbero". Com’è arrivare a questa ricorrenza senza Paolo?

"E’ dura. A me manca come fratello, come persona, come figura di riferimento. In questi giorni sarà ricordato da tutti. Il 6 luglio sarò anche a Vicenza per una serata di festa in ricordo di Paolo".

E della finale con la Germania cosa ricorda?

"Dopo la semifinale l’allora sindaco Landini ci chiamò e ci comunicò che stava organizzando un viaggio per Madrid. Noi fummo contenti di andare. La mattina andammo a trovare Paolo in ritiro, vedemmo il presidente della Repubblica Pertini. E poi la festa allo stadio. Lì fu bello, anche se un po’ mi è mancato non potere vivere i festeggiamenti a Prato. Fu una giornata di festa, gioia e soddisfazione".

Cosa le resta oggi di suo fratello?

"Un ricordo indelebile nel cuore. Ho ancora qui con me la nostra infanzia sempre insieme a Santa Lucia. Eravamo inseparabili, una cosa inscindibile. E poi il suo sorriso. Paolo non potrò davvero mai dimenticarlo".

Stefano De Biase