La pandemia? A volte fa bene agli affari, dipende dai settori. Ad esempio: quello della prostituzione a domicilio ne ha tratto sicuro giovamento. Non è una battuta paradossale, volendo anche sgradevole dato l’argomento drammaticamente luttuoso, ma la risultanza incontrovertibile di un’indagine appena conclusa da parte dei carabinieri e della polizia municipale, coordinati dal sostituto procuratore Massimo Petrocchi. Accade che durante gli accertamenti, gli investigatori intercettano la presunta maitresse, una cinese di 43 anni, che si rallegra con complici e clienti del fatto che proprio a causa delle pesanti restrizioni sociali anti Covid e dei disagi patiti quotidianamente con le chiusure, andare con le prostitute viene avvertito da certi uomini come una reazione che dà sollievo, uno sfogo ‘naturale’ con il conseguente incremento degli incontri a luci rosse e quindi dei guadagni. Il volume d’affari che ruotava intorno al gruppo ora smantellato sarebbe di centinaia di miglia di euro.
Sono cinque le persone indagate per sfruttamento della prostituzione, due le case d’appuntamento e altrettante le auto sequestrate dalla procura di Prato. La centrale del business era un’abitazione in via Marini. Un ruolo principale lo aveva una coppia cinese, la presunta tenutaria e il compagno, un imprenditore cinese di 44 anni. Con loro avrebbero agito un’altra cinese incensurata di 45 anni, un connazionale di 65 anni già conosciuto per precedenti specifici, e un italiano di 60 che aveva pensato bene di arrotondare la pensione facendo da tassista alle giovani ‘lucciole’, tutte cinesi, nessuna minorenne, che trasportava puntuale da una capo all’altro della città fino a destinazione. Che poteva essere l’abitazione dei clienti – italiani, cinesi e di altre nazionalità, di varie estrazioni sociali e di un po’ tutte le età – oppure alberghi e residence dove le prostitute orientali affittavano un certo numero di stanze. Nei confronti dei titolari dei due hotel coinvolti nelle indagini, gli investigatori non hanno rilevato comportamenti tali da estendere loro l’accusa di favoreggiamento. In qualche caso si è scoperta la mancata registrazione del cliente, irregolarità punita con sanzioni amministrative.
L’inchiesta è nata negli ultimi mesi del 2020, quando i vigili urbani del nucleo commercio e ambientale, si accorgono che sui pali della luce e sui cartelli stradali disseminati lungo la città, spuntano come funghi strani adesivi e volantini in cinese. I vigili fanno tradurre gli ideogrammi, e scoprono che si tratta di annunci che promettono incontri bollenti con giovani orientali. Mente di questa artigianale ma efficace campagna pubblicitaria sarebbe stata la maitresse cinese. Nel corso degli accertamenti investigativi e di pazienti pedinamenti, i carabinieri della sezione operativa, della stazione e della compagnia oltre alla municipale, notano il frequente ‘ricambio’ delle prostitute cinesi. Una strategia ‘commerciale’ per garantire le ultime novità ai tanti clienti, pronti a pagare tariffe che a seconda delle prestazioni variavano da poche decine a svariate centinaia di euro.