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La banda dei caporali Tutti rinviati a giudizio

Sono 8 le persone chiamate a processo per sfruttamento dei braccianti Le accuse: dieci ore di lavoro a cinque euro, senza nessun tipo di contributi.

La banda dei caporali Tutti rinviati a giudizio

PRATO

Caricati sui furgoni cassonati all’alba, stipati a terra, per affrontare il viaggio verso i vigneti e gli oliveti della Toscana, a lavorare per nove dieci ore, con una paga di cinque euro e senza alcuna copertura assicurativa o contributi. La maxi indagine sul caporalato in Toscana, scattata a seguit della denuncia di un operaio e portata avanti con appostamenti, intercettazioni e riscontri degli uomini della Squadra Mobile di Pistoia, si era chiusa il 5 novembre del 2018 con tre arresti e diverse denunce. Un’indagine vasta e complessa, denominata "Black wine", che aveva portato alla luce un traffico di braccianti, impiegati per fornire manodopera a varie aziende agricole (ignare delle condizioni di lavoro a cui i reclutatori sottoponevano gli operai) dislocate in varie province della Toscana: oltre a Pistoia, anche Prato, Firenze, Siena, Lucca e Arezzo. Otto in tutto gli indagati: due pachistani, uno dei quali ritenuto a capo della "banda dei caporali", un uomo di origine marocchina, tutti residenti ad Agliana, insieme ad altre cinque persone, tre delle quali consulenti del lavoro provenienti da Firenze, Lucca e Pisa. Ieri mattina, il giudice per le udienze preliminari Luca Gaspari, accogliendo la richiesta della Procura (pm Giuseppe Grieco, sostituito da Leonardo De Gaudio) ha disposto per tutti il rinvio a giudizio: la prima udienza davanti al collegio presieduto dal giudice Stefano Billet è fissata per il 16 novembre. L’accusa per tutti è intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro. All’epoca del blitz furono 31 gli operai identificati, quasi tutti africani. La sacca più debole della società: richiedenti asilo o con permessi umanitari.

Per quei fatti affronteranno il processo: Mushtaq Ahmad, 50 anni, pakistano residente ad Agliana, difeso dall’avvocato Pamela Bonaiuti del foro di Prato, ritenuto dall’accusa il capo dell’organizzazione. A lui era intestata la ditta "Servizi Agricoli Pk Verde", con sede a Prato, utilizzata per il reclutamento della manodopera. Con lui, il connazionale HajdMohammad, 52 anni, residente ad Agliana, e difeso dall’avvocato Barontini, e poi Mhammad Essaouri, 54 anni, marocchino, difeso dall’avvocato Andrea Niccolai, tutti, secondo l’accusa, reclutatori di manodpera al nero. E reclutatori sarebbero stati anche El Hassan Laamiri, 59 anni, marocchino, difeso dall’avvocato Barbara Londi, e Issa Traore, 30 anni della Costa D’Avorio, rappresentato da Michele Capecchi.

Martina Vacca