MIAOMIAO HUANG
Cronaca

"Io ragazza lesbica costretta a nascondermi"

Nella comunità orientale di Prato ci sono ancora molti tabù sulle questioni di genere. Colpa del retaggio di tradizioni millenarie

di Miaomiao Huang

Al centro del dibattito politico delle ultime settimane, oltre ovviamente alla gestione della pandemia e alle misure da adottare per la ripartenza, si sta ritagliando uno spazio rilevante la discussione sul cosiddetto Ddl Zan, il disegno di legge che porta il nome del suo promotore – che ancora oggi giace in Senato in attesa di essere approvato – che ha come oggetto il contrasto alle discriminazioni basate su sesso, genere, disabilità e orientamento sessuale. Anche in città si sta sviluppando un confronto acceso sul tema, soprattutto nella galassia delle associazioni e nei partiti politici, tra chi è favorevole all’approvazione di una legge che viene definita "storica" e chi invece vede in questa proposta una sorta di "censura", o peggio ancora l’anticamera per l’istituzionalizzazione del reato d’opinione. Una discussione che sta iniziando a penetrare anche nella comunità cinese di Prato, che soprattutto rispetto al tema dell’orientamento sessuale ha ancora molti tabù da sfatare. Qui, come in Cina del resto, le persone gay e lesbiche ancora oggi non riescono a vivere serenamente la propria identità. Nella stragrande maggioranza dei casi non riescono a farlo alla luce del sole, liberamente, perché ancora troppo condizionate dal retaggio culturale delle tradizioni, che nella storia hanno trattato l’omosessualità come una devianza mentale. Certo, soprattutto in alcune città della Cina ci sono stati degli avanzamenti. Ma ancora oggi la strada verso la "normalizzazione" di una condizione esistenziale per milioni di persone è lunga. E per molte famiglie cinesi avere un figlio o una figlia omosessuale viene visto come un disonore. "La nostra non è una condizione semplice – racconta una ragazza cinese del collettivo Queer riot di Prato che preferisce non rivelare il suo nome – Per molti anni, fino alla maggiore età, facevo fatica ad accettare la mia identità. Ho iniziato a frequentare fin da quando ero molto giovane dei gruppi Lgbti, ed ero sempre l’unica cinese. Negli anni, qui a Prato, ho conosciuto altre ragazze e ragazzi gay, lesbiche o bisex, tutti o quasi relegati a una vita di assoluta privazione e frustrazione". E c’è da immaginarlo, considerando che l’impianto culturale della tradizione cinese è molto rigido e si fonda sul concetto di famiglia, che si manifesta attraverso il matrimonio e la procreazione di figli. "Ho vissuto per anni una vita parallela – continua – Da una parte avevo la pressione asfissiante dei miei genitori che volevano mi sposassi e dall’altra, facendo finta di essere etero in famiglia, frequentavo la mia ragazza. Quando ho fatto coming out con i miei genitori ho trovato davanti un muro ed i nostri rapporti sono andati in crisi per molti anni. Per tutto il resto della famiglia sono ancora single, una condizione bizzarra per una ragazza cinese di quasi trent’anni". Come questa ragazza, sono tanti altri i giovani cinesi di Prato che vivono una condizione simile, che non riescono ad uscire allo scoperto per paura di ritorsioni di parenti o colleghi. In tanti sono praticamente spinti a matrimoni di convenienza, altri ancora vivono la propria identità in assoluta clandestinità dalla famiglia oppure in una bolla molto stretta, trovando magari una sponda nella rete, su WeChat, sui vari gruppi che anche a Prato stanno nascendo. "Non è semplice parlare di questi argomenti nella comunità – conclude – Le generazioni precedenti una certa apertura non so se riusciranno mai a raggiungerla. Ma a Prato, come in tutto il mondo, la comunità Lgbti cinese esiste eccome".