REDAZIONE PRATO

Imprenditore e usuraio Scatta la maxi confisca

Francesco Cardone ha patteggiato una condanna a tre anni e 10 mesi. Sigilli a beni e società per oltre due milioni. "Sono frutto delle attività illecite".

Una maxi confisca di beni per 2,5 milioni di euro. E’ quella che è stata eseguita dalla guardia di finanza e dai carabinieri nei confronti di Francesco Cardone, imprenditore di 51 anni, di origini calabresi, ma residente da anni a Poggio a Caiano. Il provvedimento arriva dopo il patteggiamento di Cardone, nel giugno del 2018, di una una condanna a 3 anni e 10 mesi di reclusione per usura. Il decreto di confisca, richiesto dal procuratore aggiunto Luca Tescaroli e dal pm Christine Von Borries, è stato disposto dal gip di Firenze Gianluca Mancuso per la sproporzione notata tra i redditi dichiarati e i beni nella effettiva disponibilità dell’imprenditore. Il provvedimento, spiegano gli investigatori, è il primo di questo genere emesso dal tribunale di Firenze in fase successiva alla condanna. I sigilli al momento sono scattati per 16 rapporti finanziari, due autoveicoli, quote sociali e tre fabbricati. Beni di cui, secondo l’accusa, l’imprenditore sarebbe entrato in possesso grazie ai proventi della attività di usuraio. In base alle indagini che hanno portato al processo, tra il 2014 e il 2017 Cardone avrebbe accordato in più circostanze prestiti a tassi di usura del 300% annuo a imprenditori fiorentini in difficoltà, tra cui sei tra titolari di bar, ristoranti e negozi di Firenze e dell’hinterland. In un caso avrebbe preteso anche un’abitazione, la cui planimetria fu trovata nella sua disponibilità, come pagamento del debito. Le indagini erano partite dalla denuncia di un imprenditrice fiorentina, finita da alcuni anni nella rete dell’usuraio.

Secondo quanto accertato, le spese sostenute dalla famiglia dell’imputato avevano superato i redditi dichiarati tanto da far supporre che fossero state finanziate con i proventi dei reati per i quali Cardone è stato condannato. L’attività del Gico della Guardia di Finanza e del Roni dell’Arma dei Carabinieri, quindi, ha passato al setaccio i patrimoni di nove soggetti (5 persone fisiche e 4 persone giuridiche). Si tratta di un’approfondita analisi di come e quando sono stati acquistati beni mobili e

immobili dal nucleo familiare del condannato o da società e soggetti a lui riconducibili, i cosiddetti prestanome, riscontrata con le fonti reddituali dichiarate al fine di accertarne la coerenza. Sono stati ricostruiti, pertanto, i redditi del nucleo familiare del soggetto per gli anni in cui ha effettuato l’attività di usuraio e confrontati con le spese documentate e quelle presumibili per le normali attività familiari, dimostrando che, nei 7 anni esaminati, la famiglia di Cardone aveva acquisito beni per alcune centinaia di migliaia di euro, in eccesso rispetto ai redditi dichiarati.

re.po.