Il vescovo e i tormenti dei giovani: "Mettiamo un freno alla violenza"

Il messaggio di monsignor Nerbini: "Dilaga fra gli adolescenti, servono modelli ispirati alla pace"

Il vescovo e i tormenti dei giovani: "Mettiamo un freno alla violenza"

Il vescovo e i tormenti dei giovani: "Mettiamo un freno alla violenza"

L’annuncio della Resurrezione di Cristo risuona ancora una volta nella Chiesa che celebra la sua più grande festa annuale da cui scaturiscono ogni fede ed ogni speranza per l’uomo e per l’umanità intera. Se la certezza che il Signore Gesù ha vinto il male e la morte è incrollabile, tuttavia non siamo indifferenti a quanto accade intorno a noi, vicino e lontano.

Abbiamo dovuto, con grande rammarico, riprendere confidenza con la guerra che torna ad incendiare vaste zone del nostro pianeta col suo strascico infinito di morti innocenti e distruzioni. È impressionante constatare che l’uomo del terzo millennio, forte della sua razionalità e delle sue grandi realizzazioni e conquiste tecniche e scientifiche, non riesca a trovare soluzioni pacifiche ai problemi che sorgono e che il "potere" eserciti così tanta seduzione da dare libero sfogo a progetti di conquiste e aggressioni davvero folli. In questo sembra regredito a comportamenti belluini primitivi.

Poi volgi lo sguardo a quanto accade in Italia e sui giornali leggi della violenza nella vita di due ragazzine che si picchiano selvaggiamente fino a servirsi di un coltello - e non è meno preoccupante il nutrito gruppo di coetanei impegnati a riprendere il triste spettacolo incitando le contendenti - ed allora capisci che c’è un unico tarlo che rode il cuore dei grandi e dei piccoli e che scatena reazioni incontrollate, feroci.

L’apostolo Giacomo descrive così il perverso dinamismo: "Da dove vengono le guerre e le liti che sono in mezzo a voi? Non vengono forse dalle vostre passioni che fanno guerra nelle vostre membra? Siete pieni di desideri e non riuscite a possedere; uccidete, siete invidiosi e non riuscite a ottenere; combattete e fate guerra!" (Gc. 4, 1 – 2) Il Signore Gesù, ai discepoli dice: "Vi lascio la pace vi do la mia pace, non come la dà il mondo". La sua pace è diversa non solo perché è un dono, ma anche perché tocca e cambia il cuore dell’uomo. È frutto dello Spirito Santo che è mitezza, umiltà, accoglienza, benevolenza, perdono, riconciliazione.

Celebrare la festa di Pasqua non formalmente vuol dire essere consapevoli della responsabilità che abbiamo di seminare la pace nelle nostre famiglie, nelle comunità nelle quali viviamo, nei nostri paesi e città dopo averla fatta diventare un nostro modo di essere. Non è un compito impossibile; si tratta di un traguardo alla portata di tutti. Come oggi, seguendo l’invito di Papa Francesco che nella "Laudato si’" ci incoraggia a cambiare i nostri "stili di vita" per ridare un futuro al nostro pianeta martoriato dallo sfruttamento e dall’inquinamento selvaggio, così ci è richiesto di divenire uomini e donne di pace nei pensieri e nei progetti come nelle parole, nelle relazioni, nei comportamenti così da spegnere sul nascere contese, liti, controversie secondo l’auspicio dell’apostolo Paolo: "Per quanto dipende da voi, vivete in pace con tutti".

Sento importante per me come per ogni altra persona riscoprire il compito educativo che ci è richiesto nei confronti delle nuove generazioni. Se la violenza adolescenziale dilaga non è un caso. Troppi modelli sono nel segno della sopraffazione, pochissimi richiamano a comportamenti diversi. Non sono necessari discorsi quanto piuttosto attenzione, un ascolto attento e partecipe, l’attenzione a cogliere fragilità e disagi e una vicinanza che si fa condivisione e accompagnamento. Un sincero augurio a tutti.

Monsignor Giovanni Nerbini

vescovo di Prato