Il primo esperimento "Sentimenti riscoperti senza usare i cellulari" La sfida detox da rifare

Marcello Contento, docente di economia al Dagomari, nel 2017 rimase insieme a 80 studenti una settimana senza chat, messaggini e social "Con internet è tutto veloce, la vita invece è fatta di tappe e attese".

Il primo esperimento   "Sentimenti riscoperti  senza usare i cellulari"  La sfida detox da rifare

Il primo esperimento "Sentimenti riscoperti senza usare i cellulari" La sfida detox da rifare

"Non ci sono figli di un Dio minore. Ogni generazione deve fare i conti con dei cambiamenti, quella di oggi probabilmente ha davanti una sfida più impegnativa rispetto al passato". Parola di Marcello Contento, 41 anni, originario della Sicilia, docente di economia aziendale al Dagomari. È stato lui nel 2017, cinque anni prima che il boom dei social esplodesse con tutta la sua prepotenza, a lanciare insieme ai propri studenti l’esperimento ’zero social’. Ottanta ragazzi insieme allo stesso professore che per una settimana si sono disintossicati dai telefonini.

Professore ci ricordi come si concluse l’esperimento.

"È stata la riscoperta di un mondo fatto di sensazioni vere, di vita non filtrata da uno schermo".

Qualcosa che potrebbe essere riproposto anche oggi?

"Le esperienze funzionano se si vivono in prima persona, mi piacerebbe rifare tutto insieme anche ad altri colleghi".

Internet e soprattutto i social sono diventati materia di dibattito per i riflessi negativi che possono avare sulla vita di bambini e adolescenti.

"Il problema internet è senza dubbio legato alla forte accessibilità non guidata. In rete si ha accesso a tutto senza filtri né limiti. Il compito degli adulti è dare ai giovani le basi per interpretare i contenuti".

Molti ragazzini oggi sembrano come rapiti dal cellulare.

"Il ragionamento è banale e vale per ogni strumento: tutto dipende dall’utilizzo che se ne fa. Sembra retorica ma è così".

Lei che idea si è fatto?

"Il cellulare è lo strumento che colma i vuoti della società".

Ci può fare un esempio?

"Quando eravamo ragazzi avevamo del tempo libero e non sapevamo cosa fare. In quel momento nasceva la creatività. Oggi se non sappiamo cosa fare, guardiamo il cellulare. Prima dell’uso massiccio dei telefoni se eravamo soli a casa dovevano uscire per socializzare, andare a giocare a pallone con tutti i rischi che comporta la socializzazione reale necessaria però alla crescita. Oggi l’amicizia si può fare velocemente sul web. Se sto male che faccio? Cerco risposte su internet. È tutto veloce, rapido, immediato".

La scuola potrebbe introdurre un’educazione all’uso dei social in maniera strutturata? Ancora non è così, a parte qualche raro caso.

"Alla scuola si demanda tanto, ma non sempre la scuola ha la possibilità di agire. Certo che si potrebbe fare di più anche in classe così come nelle famiglie, ma le istituzioni in questo momento non sono totalmente libere di agire".

Si spieghi meglio.

"Abbiamo visto più volte accadere che se un docente toglie il cellulare ad uno studente viene denunciato dai genitori. Dobbiamo metterci d’accordo, alla scuola è giusto dare un compito allargato anche ad altre sfere oltre alla didattica, ma servono anche i mezzi e le tutele adeguate".

Come pensa si possa agire?

"Durante l’esperimento ’zero social’ ci siamo resi conto che con le alternative valide il cellulare diventa uno strumento di utilizzo moderato, ma dobbiamo fornire le alternative nel contesto sociale, scolastico e nella famiglia. In questa partita nessun attore può tirarsi indietro".

Silvia Bini