La foto sta rimbalzando sui social da giorni: un uomo sui trampoli rivolto verso il duomo. Nudo, o quasi. Chi ha scattato la foto era dietro il ‘trampoliere’ che, ripreso dalle spalle, appunto, appariva nudo. Natiche scoperte, il lato A probabilmente coperto da un costume minimal. La parte più coperta era la testa: portava una bombetta nera. L’onda arcobaleno, che sabato scorso ha sfilato nel cuore di Prato nel festoso corteo per i diritti LGBTQIA+ è ‘scivolata’ qui: di fronte al Duomo e a quel pulpito che è la cartolina più bella di Prato. Ma soprattutto che è nel cuore dei pratesi perché lassù, circondato da tanta bellezza, il vescovo effettua l’ostensione del Sacro Cingolo. Un atto di fede ma anche un atto d’identità per Prato.
Ora, diciamola tutta, poteva anche essere prevedibile che il corteo del Toscana Pride – che ha avuto il patrocinio della Regione (quel sabato sono arrivati anche il governatore Eugenio Giani e l’assessora Alessandra Nardini) e del Comune – potesse riservare ‘cartoline’ anche ...dissacranti, diciamo così. Esagerate. E nessuno si scandalizza, ci mancherebbe. Ma il trampoliere nudo davanti al Duomo serviva davvero? A riflettere sul tema, su La Voce di Prato, è don Marco Pratesi, il parroco della cattedrale. Lo abbiamo sentito, perché la fotografia ha indignato parte della città e perché la sua riflessione va oltre lo ‘scatto’.
"Non capisco bene che significato abbia manifestare in quella forma lì, mi sfugge proprio il senso. Si volevano abbattere i muri del cosiddetto perbenismo? Forse negli anni Settanta poteva essere così, ma oggi? Quei muri sono abbattuti da decenni. Forse – suggerisce don Pratesi – andrebbero invece un po’ ricostruiti i muri del pudore e dell’educazione".
Vero è che certi ‘effetti collaterali’ alla sfilata arcobaleno occorreva metterli in conto. Era prevedibile una ‘caduta di stile’ simile, proprio davanti al Duomo? Abbastanza.
"Forse – continua il parroco della cattedrale – si poteva studiare un itinerario diverso. Oppure, quando si autorizzano certe manifestazioni, sarebbe doveroso porsi il problema di accostare certi simboli ad altri. Ma non bisogna essere uomini di fede per fare questa riflessione – osserva il canonico – Questo luogo, anche da un punto di vista laico, rappresenta comunque una storia e una tradizione. Parliamo di tolleranza? La tolleranza dovrebbe tenere conto di tutti".
Anche di chi ha tutte le carte in regola per indignarsi di fronte a una scena che, giusto a un passo dalla cattedrale, è uno schiaffo alla delicatezza di un luogo, e al significato profondo che ha per la città.
Don Pratesi allarga la riflessione e guarda alle future generazioni: "Pensiamo ai ragazzi. Cosa si è comunicato ai giovani così?". Siamo davvero sicuri che sia stata una lezione di rispetto e tolleranza?
Maristella Carbonin