"Il distretto non perda l’occasione Le pezze si vendono sul Metaverso"

Riccardo Bruschi (TT Tecnosistemi) e il nuovo mondo fatto d’intelligenza artificiale e universi digitali "Unirsi, aggregarsi, cooperare: per le imprese non c’è altra strada. Piccolo non è più bello come prima"

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di David Bruschi

Dice Riccardo Bruschi che, dopo l’ultima operazione societaria che ha portato la sua TT Tecnosistemi sotto il controllo di Digital Value, uno degli operatori di riferimento in Italia nel settore dell’information technology, l’impressione che gli è rimasta addosso è quella di essersi sfilato una giacca che iniziava a stargli troppo stretta, per indossare qualcosa di più comodo e adatto. Sottintende di più adatto ai tempi, naturalmente, perché i tempi che corrono, e il tempo da rincorrere, sono il tormento dell’imprenditore che fa l’imprenditore. Dell’imprenditore, cioè, che sa che per conservare quello che ha conquistato deve non fermarsi, ma anzi rilanciare, allargare lo sguardo, rimettersi continuamente in discussione. Infatti lui sostiene di non amare per niente la filastrocca dell’azienda-povera-casa-ricca che dice di avere ascoltato a Prato fino allo sfinimento dalla voce di quegli imprenditori che non hanno mai creduto nelle necessità di investire nelle loro aziende e hanno considerato sbagliata, quasi un vezzo snob, la convinzione che l’impresa non avesse come fine solo e soltanto il profitto, ma anche la creazione di valore.

Era lo scorso mese di novembre quando è stato annunciato che Digital Value ha acquistato il 51% di TT Tecnosistemi. Come le piace definire quell’operazione? E soprattutto: come stanno andando le cose?

"La verità è che le cose stanno andando molto meglio di quanto mi aspettassi. Tutto conferma che dietro questo progetto industriale non c’è solo una sommatoria di numeri, ma soprattutto una moltiplicazione di talento. Per questo, parlando di questa operazione, mi piace parlare di aggregazione di valori. La sostanza, in definitiva, è proprio questa".

Fatturato da 50 milioni di euro, utile netto da 1,5: sono i numeri principali della sua TT Tecnosistemi. Ma al di là dei numeri, cosa apportate a questa aggregazione?

"Prima di tutto portiamo il nostro essere una realtà nazionale importante nel settore delle tecnologie e dei servizi Ict, con un proprio netto punto di forza in regioni strategiche come Toscana, Emilia Romagna, Umbria, Marche. Dietro l’acquisizione c’è un reale completamento di competenze".

Per arrivare dove?

"Vediamo questa operazione come un trampolino. L’idea è quella di arrivare a essere il primo polo aggregato in Italia nel settore dell’Ict. I margini per riuscirci ci sono tutti".

Non per sollevare un aspetto critico, ma come si conciliano i buoni propositi con le incertezze del presente? Perché la pandemia c’era già anche a novembre, ma la variabile della guerra è tutta di questi mesi...

"E’ chiaro che il contesto condiziona. Condiziona noi, condiziona il mercato. Ma in questo gruppo ci sono grandi manager e ci sono professionisti con idee molto chiare. La verità è che oggi saremmo stati molto più in difficoltà se non avessimo fatto questa scelta di aggregazione. Essere una squadra forte e strutturata ci dà la possibilità di essere ottimisti quando guardiamo al futuro".

Anche questo è la conferma che ormai ’piccolo è bello’ è un adagio che non vale più?

"Sì, la penso così. Piccolo non è più bello. Siamo tutti entrati in una nuova fase e prima lo capiamo e meglio sarà per tutti. Unirsi, stare insieme, cooperare: è questa l’unica strada possibile. Anche perché la velocità con cui arrivano i cambiamenti è impressionante e i cambiamenti sono una scelta vincente soprattutto quando avvengono per scelta. Quando invece vengono subiti, le conseguenze dei cambiamenti possono essere devastanti".

Ragionamento che vale per tutti, dunque anche per il distretto pratese?

"Ne sono convinto. La filiera deve essere alleata, è questo che premia. In caso contrario, non c’è futuro. Per essere in grado di resistere e poi crescere c’è bisogno di persone. E le persone le hai solo se hai le giuste dimensioni aziendali. E’ una trasformazione culturale che tutti siamo chiamati a fare. Perché dobbiamo sopravvivere noi, ma anche fare sopravvivere chi lavora con noi e chi lavora per noi. La valorizzazione delle persone sarà in futuro sempre più importante. E le persone, per crescere, devono essere messe nella condizione di confrontarsi con scenari più grandi degli attuali".

La trasformazione culturale riguarda anche il digitale. Ma non è chiedere troppo pensare che tutti debbano mettersi al passo con i tempi? Possiamo immaginare che almeno per la vecchia azienda, per la filatura familiare, entrare nel nuovo mondo fatto di inteligenza artificiale, blockchain e 5G non sia così fondamentale.

"Il nuovo paradigma vale per tutti. Poi certo, si può decidere di restarne fuori, ma è un peccato. Prendiamo il Metaverso, questo nuovo universo digitale che è quasi un espansione virtuale del mondo reale. Ecco, qualcuno potrebbe chiedersi che senso abbia per un vecchio lanificio pratese entrare nel Metaverso. Per me la risposta è semplice: ha un senso cruciale. E ne va del futuro. Perché è enorme l’interesse che il mondo del fashion ha oggi a stare nel Metaverso. I brand sono lì, vanno lì e ci andranno sempre di più".

Quindi lei dice che anche le aziende del distretto devono andare lì o rischiano di non andare più da nessuna parte.

"Sì, è non tanto per vendere in ambiente virtuale, ma quanto per farsi vedere, per dire noi ci siamo, per creare le premesse perché l’azienda stessa esista. Si tratta di una necessità legata al business. Oggi il Metaverso serve per vendere le pezze. E’ il mondo che cambia e non possiamo che andargli dietro".