REDAZIONE PRATO

I pronto moda provano a uscire dalla crisi

Tra i problemi degli imprenditori le scarse vendite in Europa e la manodopera rimasta in Cina. "La nostra clientela si è dimezzata"

Eppur si muove. Lentamente, con tutto il peso del suo corpaccione, come una nave che ha salpato nella tempesta e che piano piano si accinge a ritrovare una parvenza di stabilità. La comunità cinese di Prato riparte. O quanto meno ci prova. E in questa sua ripartenza si trova forse per la prima volta a tu per tu con la necessità di cambiare radicalmente le abitudini, soprattutto quelle produttive.

Perché, come racconta Wang Jinjian – per gli italiani Lorenzo – titolare della ditta Style Innovative e dello show-room First Stage di Via Toscana "la clientela si è praticamente dimezzata".

"Bisogna considerare – spiega – che gran parte della nostra clientela arriva anche da fuori Italia. Il settore del pronto moda di Prato è un punto di riferimento in tutta Europa e con le restrizioni dei mesi appena passati e con la comprensibile paura per un virus che ancora non è stato totalmente debellato, la produzione, in particolar modo quella programmata, ha subito un crollo quasi del 50%. Una stagione è stata praticamente cancellata, una botta tremenda".

Un settore, quello del fast fashion, che sta conoscendo diverse criticità, oltre al calo delle vendite. Una particolare riguarda la mancanza di manodopera specializzata. Moltissimi cinesi, anche tanti dipendenti, durante le vacanze di Natale – che di fatto anticipano l’inizio del Capodanno cinese – tornano in Cina per ricongiungersi con la famiglia e gli amici più stretti. Un vero e proprio esodo, di cui più volte abbiamo anche scritto SU queste pagine. Con l’emergenza – che ricordiamo in Cina è scattata il 31 dicembre – e il conseguente lockdown, molti cinesi non sono potuti ritornare in Italia. Tanti sono ancora lì e le ditte dei macrolotti arrancano. Poche vendite dunque e in alcune circostanze anche carenza di personale. E per molti di questi lavoratori prende corpo una crisi nella crisi che si traduce nel doversi reinventare un’occupazione in Cina nell’attesa di poter tornare "perché cinque mesi sono tanti – mi ha raccontato per telefono Jin di una rifinizione di Seano – Qui a Wenzhou la situazione è più tranquilla, il peggio è sicuramente alle spalle. Tornare in Italia è per molti complicato però e per le nostre mansioni non possiamo certo fare smartworking dalla Cina e quindi siamo costretti a trovare lavoretti per campare qui in patria. Qualcuno pensa addirittura di non tornare più a Prato almeno per ora".

E non è certo solo il settore del pronto moda ad essere in crisi. Un altro comparto in difficoltà è sicuramente quello immobiliare. Tante aziende non riescono più a pagare gli onerosi affitti dei capannoni e tanti lavoratori quelli delle case. "Abbiamo dovuto lasciare al proprietario la caparra – racconta un giovane imprenditore che preferisce rimanere nell’anonimato – Le entrate non sono sufficienti a pagare le spese di gestione. Alcuni miei dipendenti non riescono a pagare l’affitto di casa. Il distretto, in tutte le sue forme, ha subito un colpo durissimo". E se i macrolotti 1 e 2 sono in grande difficoltà, piccoli segnali di ripresa si registrano invece nella Chinatown pratese, più conosciuta come Macrolotto 0. Bar e ristoranti che piano piano entrano in questa nuova normalità, minimarket che rialzano le saracinesche, così come i tantissimi parrucchieri e le agenzie di servizi.

"Ho riaperto nonostante la paura – dice Zhu responsabile del negozio Fortuna di via Filzi – Noi vendiamo macchinari da cucito e prodotti ad essi correlati, appena la domanda ha un po’ ripreso ci siamo fatti coraggio e siamo ripartiti". E con Zhu, appunto, molti altri. Eppur si muove dunque. Tra tante incertezze e nuove difficoltà, la comunità cinese, riparte.

Miao Miao Huang