REDAZIONE PRATO

I destini di Leo e Corrado Amici separati dal Covid

Entrambi volontari, entrambi contagiati nel periodo nero dell’emergenza. Uno si è salvato, l’altro no. La loro storia e i ricordi dei familiari in un libro

Corrado Gnocchi, classe 1942, lavorava come meccanico mentre Leonardo Secci, nato nel 1963, è un operatore socio sanitario della Pubblica Assistenza Prato Sud. Tanti anni trascorsi insieme sulle ambulanze a Prato e nelle grandi emergenze nazionali, poi nel 2020 Corrado è morto di Covid, Leonardo invece si è salvato. Le loro storie sono entrate nel libro ’Quello che non ti ho potuto dire’ di Lucia Caruso, insegnante di Saronno in pensione. Sono 12 racconti-interviste che hanno come protagonisti persone di varie regioni d’Italia. Due di queste sono pratesi. Pagine in cui parlano anche i familiari di Corrado e Leonardo per raccontare il periodo più difficile della pandemia, quello del 2020.

"Da ogni missione – sottolineano Zelinda, la moglie di Corrado, insieme ai figli Gianni e Monica – lui tornava esausto ma felice, ogni suo momento libero ero dedicato al volontariato". Corrado aveva un’officina a Prato e il suo primo impegno era stato nella protezione civile, nel terremoto delle Marche (1997) poi L’Aquila (2009). Corrado diventa poi formatore e questo per lui significa rimettersi a studiare eorganizzare corsi per i volontari. Nel 2020 si ammala di Covid e quando chiama il 118 chiede: "Vorrei fossero i miei colleghi ad accompagnarmi in ospedale". La centrale 118 conosceva Corrado e il servizio fu assegnato a Leonardo Secci. Per Corrado inizia a quel punto un viaggio senza ritorno. "Le mani della dottoressa – dice Monica – sono le mie. Le chiedo di accarezzarti e lei mi sussurra che lo sta già facendo. Grazie dottoressa chiunque tu sia. Babbo Corrado spero con tutta l’anima che tu abbia sentito la mia presenza". Leonardo Secci, invece, trascorre 43 giorni all’hotel Covid del Datini e non è per nulla tranquillo sulla guarigione. Secci è un ex giocatore di rugby, ex subacqueo ed è responsabile della postazione 118 della Prato Sud, dopo essere entrato all’età di 14 anni alla Pubblica Assistenza L’Avvenire. Come volontario era stato tra i primi soccorritori, il 23 dicembre 1984, nella galleria a San Benedetto Val di Sambro, dove il rapido 904 Napoli-Milano venne dilaniato da una bomba che provocò 16 morti e 267 feriti. Nell’era del Covid il lavoro dei volontari è durato anche 16 ore al giorno con dispositivi di protezione che all’inizio non erano in abbondanza, tutt’altro. Dopo il contagio Leonardo prima si chiude in casa poi sceglie l’hotel in cui nessuna visita era possibile.

"Quando ho visto dalla finestra il carro funebre per il trasporto della salma di un ospite dell’albergo ho chiesto di poter lavorare al computer: mi sono reso conto che i pensieri cominciavano a diventare più negativi della malattia stessa e avevo bisogno di mantenere la mente occupata. Sapere che Corrado stava male e poi è deceduto è stato un duro colpo. Per quasi trent’anni abbiamo condiviso la formazione sanitaria, addestrato i ragazzi per il 118, istruito il personale per la sicurezza nei luoghi di lavoro o tenuto corsi per il corretto uso del defibrillatore nelle aziende, nelle scuole, nelle palestre". Oltre a Corrado se ne sono andati anche Rodolfo, Alfredo Ciulli, Mauro Romei e altri volontari impegnati nelle sezioni territoriali vicine: nessuno si è tirato indietro per soccorrere chi stava male.

M. Serena Quercioli