
Giagnoni (Ctn), 27 anni e direttore generale della Fartex, fa un richiamo alla mancanza di una cultura industriale, partendo dall’indagine di Pratofutura "Troppi pochi giovani e il 25% dei dirigenti aziendali non ha un diploma".
Ci sono alcuni dati che mi hanno particolarmente colpito nell’indagine ’Perimetro reale’ promossa da Pratofutura con cui scattare una istantanea del distretto: prima di tutto il fatto che più del 25% dei dirigenti aziendali non ha neppure un diploma di scuola superiore. Ciò deve farci riflettere quando si parla di cultura di impresa e di messa in discussione del nostro sistema. Anche perché l’indagine rivela chiaramente che più del 40% dei 306 imprenditori interpellati hanno manifestato l’esigenza di di cambiare il modello di distretto, che si trova alle prese con problemi di ordine congiunturale e strutturale. Ma per fare un cambio di passo ci vogliono competenze: purtroppo il numero dei giovani sia under 30 che under 40 risulta un po’ risicato intorno al 5-10%. Mancano giovani che possano portare nuove competenze, partendo da altri punti vista.
La considerazione arriva da Filippo Giagnoni, che con i suoi 27 anni rientra in quel 5% di imprenditori under 30 rilevati da Perimetro reale e per i quali l’ottimismo è insito nel dna, sempre però con i piedi per terra e la consapevolezza della crisi di identità in corso nel distretto. Giagnoni, direttore generale dell’azienda Fartex e coordinatore del gruppo Nobilitazione e lavorazioni tessili della sezione Sistema Moda di Confindustria Toscana Nord, è il caso tipo di quel passaggio generazionale in grado di portare novità e crescita grazie al dialogo tra passato e presente. "La presenza, seppur minima degli under 30 nelle direzioni aziendali, può essere importante perché possiamo dare una visione diversa rispetto ad una pratica consolidata. E quando c’è da rimettersi in discussione, possiamo essere d’aiuto – commenta, portando come esempio anche la sua esperienza – Il connubio tra me e mio nonno con un salto dagli anni Trenta al 1998, ci ha permesso di crescere e migliorare. Basti pensare che la nostra azienda ha messo a punto due piani di decarbonizzazione e a breve avremo il certificato della parità di genere: si tratta di traguardi raggiunti grazie al confronto, non sempre semplice, tra due generazioni".
Per Giagnoni "la cultura di impresa sarebbe importante a livello distrettuale non soltanto sul versante formativo, ma esprimerebbe la capacità aziendale di avere più punti di vista differenti ed una diversificazione interna. Questo però non è possibile in piccole dimensioni, nelle quali è difficile avere cda compositi e variegati". Uno dei temi dell’indagine di Pratofutura riguarda le strategie da attuare per rivoluzionare il sistema distretto: più dell’80% è interessato ad aggregazioni anche parziali tra aziende. "Prato per certi versi è una fabbrica comune, ma allo stesso tempo bisogna trovare le giuste modalità di dialogo per attivare nuove progettualità", dice Giagnoni che ricorda i due interventi dell’assessore regionale Leonardo Marras sul bando di 103 milioni da destinare in parte per sostenere aggregazioni da almeno sei aziende ("sono necessarie semplificazioni burocratiche per accedervi"), e di Domenico De Angelis, condirettore generale di Banco Bpm "che ha ribadito che il sistema bancario non si dimentica delle aziende in un processo di ristrutturazione, mettendosi in gioco per sostenere le aziende che intendono crescere, appoggiando aggregazioni o reti di imprese". Giagnoni conosce bene la realtà del mondo dei terzisti. La fotografia che emerge da Perimetro reale parla dell’affanno delle aziende contoterziste che tendono ad avere meno clienti rispetto ai produttori. "L’immagine è congrua, però bisognerebbe entrare più in profondità e capire che cosa intendiamo per clienti: se intendiamo un altro contoterzista, come può essere un lanificio o ci si riferisce alla quantità di ordini fatti per i brand. Quando si parla di tracciabilità e sostenibilità i terzisti hanno grosse difficoltà". Per Giagnoni in questa fase conclamata di crisi identitaria sarebbe importante l’adesione alla formazione per mettersi in gioco con maggiore consapevolezza. "In questo ambito le associazioni di categoria, come Confindustria, possono avere un ruolo decisivo per affrontare tematiche grosse come l’Epr e l’End of waste. Invece ci si rende conto che la partecipazione alla vita associativa è carente". Gli esperti hanno sentenziato che il distretto deve avviare una svolta da qui a 5 anni per non morire: "Lo spirito di resilienza di Prato ci porterà a capire qual è la strada, ma non ci possiamo esimere dal coinvolgimento di tutti. Parlare di aggregazioni? – conclude Giagnoni – Certo si può: in questo caso ciò che conta è mettersi al solito tavolo rispettando i ruoli di tutti".
Sara Bessi