
La faida tra clan a Nocera Inferiore non si era messa bene per i Cuomo. "Quelli di Piedimonte", così chiamano la cosca rivale, si stavano facendo largo a suon di spari e bombe. E questo conflitto militare, a un certo punto ha seguito i Cuomo e si è spostato a Firenze. Una guerra fra clan che ha coinvolto anche un commercialista pratese, Alessandro Maltinti, ora interdetto dalla professione.
Sono le 4.11 del 23 febbraio scorso. In via Gabbuggiani, a Porta al Prato a Firenze, un ordigno scassa il bandone di "Pizza cozze e babà", un ristorante che aperto da pochi mesi e quasi tutti segnati dalle restrizioni causa covid. Il gestore dice di non sapere da dove possa arrivare tutto questo, addirittura, dando un suggerimento agli inquirenti, riferisce di aver avuto da ridire con gli spacciatori della zona e che forse proprio loro si sarebbero vendicati.
Si chiama Luigi Cuomo, è il fratello 40enne del boss arrestato qualche giorno prima in un maxi operazione della Dda di Salerno. Anche lui ha avuto un passato nella malavita.
Non sa che sin dal suo arrivo a Firenze, sin dall’apertura del suo ristorante, ogni sua attività è monitorata. Così, mentre Cuomo svia e depista, la polizia è già sulle tracce degli attentatori, perché una telecamere nascosta davanti a "Pizza cozze e babà" ha ripreso tutto, proprio tutto. E le microspie hanno registrato piccoli traffici illeciti intorno al locale (anche un ’mercato’ di biciclette di valore rubate), ma anche la mamma di Cuomo che sentenzia sui mandanti della bomba: "Sono stati quelli di giù".
Ieri mattina, le indagini di polizia e guardia di finanza, coordinate dal pm della dda di Firenze, Leopoldo De Gregorio, si sono concretizzate in una raffica di misure cautelari, alcune delle quali hanno raggiunto soggetti già in carcere. In manette sono finiti i due presunti esecutori dell’attentato, Luigi D’Auria e Sabato Mariniello, partita da Sarno a bordo di una Nissan Qashaqai a noleggio appositamente per piazzare l’ordigno, mettendo così a segno l’ennesima intimidazione ai Cuomo dopo almeno altre tre messe a segno a Nocera. Ma in carcere finisce anche il titolare del locale, Luigi, e l’ordinanza colpisce anche il fratello Michele, già detenuto per un’altra maxi inchiesta della dda di Salerno sulla droga.
Perché il monitoraggio di "Pizza cozze e babà", oltre agli esecutori dell’attacco incendiario, ha permesso di scoprire anche come l’attività, sia stata avviata per diversificare gli interessi del clan Cuomo, chiuso, in patria, dall’egemonia di "quelli di Piedimonte" e fiaccato da una vera e propria guerra armata che dura da un po’.
Luigi Cuomo aveva nascosto alla burocrazia il suo passato ingombrante quasi quanto quello del fratello condannato nel 2003 per l’associazione al clan Contaldo.
Con una nuova verginità era riuscito ad intestarsi l’attività - gestita da una società chiamata Nennella, costituita il 19 novembre del 2019 -, a beneficiare di un contributo di 2mila euro a fondo perduto e pure di avere accesso, dopo alcuni tentativi andati a vuoto, di un prestito di 30mila euro garantito dalla Stato per far fronte alla crisi Covid. Non avrebbe potuto fare l’imprenditore, perché su di lui gravava una misura di prevenzione.
Ma non è tutto. Nonostante lo stop dell’attività causa pandemia, il ristorante vendeva, a 1500 euro l’una, assunzioni di stranieri (in particolare provenienti dal Bangladesh) che speravano così di ottenere la regolarizzazione in Italia. Un meccanismo che secondo gli inquirenti ha messo a punto il professionista di Prato, Alessandro Maltinti, soggetto per altro già impigliato in un’altra inchiesta della Dda su società fittizie cinesi. Per lui, il giudice Angelo Antonio Pezzuti ha disposto la misura dell’interdizione dall’esercizio della professione. I soldi avrebbero dovuto finanziare la guerra, e garantire una maggiore infiltrazione nel tessuto fiorentino.
Stefano Brogioni