REDAZIONE PRATO

Dopo l’argento è giusto cullarsi nei sogni d’oro

Un giorno le intitoleranno la piscina di Comeana, questo è sicuro. In realtà avrebbero già voluto farlo nel 2016, salvo scoprire che la legge italiana impedisce di intitolare un impianto a una persona ancora in vita. La diretta interessata ci ha riso sopra, consolandosi con una dedica che ricorda l’inaugurazione della struttura. Ora un’intera comunità farà il tifo per Rachele Bruni,

per festeggiare un’altra medaglia olimpica dopo l’argento di Rio 2016. Rachele si è qualificata alle Olimpiadi di Tokyo 2020 già un biennio fa, prima che la pandemia inducesse ad un rinvio della kermesse. E c’è da credere che un attimo prima di infilarsi gli occhialini per dimostrarsi la più veloce nella 10 chilometri, ripenserà alle speranze e ai sogni che aveva da bambina,

ai sacrifici e alle rinunce per arrivare in alto.

Ed è qui che ritorna il legame con Comeana.

"Ho iniziato a nuotare quando avevo 4 anni. Ricordo il tragitto compiuto in macchina con i miei per l’allenamento. Li ringrazio ancora oggi, perché sono stati fondamentali nella mia crescita", ha raccontato più volte. "Fino da giovanissima, quando le mie amiche uscivano, mi trovavo spesso a rifiutare a causa delle gare

e degli allenamenti. Passavo dalla scuola alla piscina per poi tornare a casa. Mi riposavo la sera con un po’ di tv, magari guardando un film di Pieraccioni. Ma devo dire che questa vita non mi è pesata perchè facevo e faccio quel che più amo". Nel frattempo è diventata un riferimento per i diritti Lgbt (quando dedicò la medaglia di Rio alla compagna) ed ha scritto insieme a Luca Farinotti il libro "Volevo solo nuotare". Presentato anche nella sua Comeana. "Mi alleno a Roma, ma il legame con il mio paese è sempre forte. Tornerò sicuramente nei prossimi mesi". Prima però c’è una missione da portare a termine. "Cosa è cambiato rispetto a 5 anni fa? Era la mia prima Olimpiade, oggi sono più esperta. Ma l’emozione di gareggiare è sempre la stessa Con quale obbiettivo? Ne ho uno ben preciso, ma per scaramanzia non mi esprimo".

Giovanni Fiorentino