
Foto di gruppo all’anteprima della mostra dedicata a Melis e Datini a Palazzo Pretorio con la sindaca Ilaria Bugetti, il presidente dell’Istituto internazionale di studi Giammarco PIacenti e la direttrice Angela Orlandi Foto Attalmi
Ci sono testimonianze di un passato lontano, fonti racchiuse nella più grande raccolta di documenti medievali che è l’archivio Datini, che possono diventare una lezione anche per il presente. Come una lettera indirizzata da un mercante giudeo a tale Francesco Del Sera, direttore della compagnia che Francesco Datini aveva aperto a Valencia: scritta in lingua araba ma con caratteri ebraici. Due popoli, due culture che convivono in un raro manufatto di fine Trecento che stanno traducendo ora due dottorande in arabo ed ebraico: questa lettera dal forte valore simbolico, fra le cui righe si accenna a una partita di sale, è una delle ‘chicche’ della mostra "Lo storico e il mercante. Federico Melis e Francesco Datini", che sarà inaugurata domenica a Palazzo Pretorio, promossa dalla Fondazione Datini e curata da Angela Orlandi, direttrice della Fondazione stessa e docente di storia economica.Sarà visitabile fino al 26 ottobre al piano terra del museo e rappresenta ‘una mostra nella mostra’ perché rende omaggio alla prestigiosa esposizione internazionale sull’archivio Datini che Federico Melis organizzò nel 1955, sempre al Pretorio. Fu un evento epocale per la città perché il 7 maggio vennero ben due presidenti della Repubblica per inaugurarla, l’uscente Luigi Einaudi e Giovanni Gronchi eletto pochi giorni prima. Settant’anni dopo, si ripercorre la genesi di quella mostra che per la prima volta accese i riflettori della comunità scientifica sul fondo Datini dell’archivio di Stato di Prato, grazie all’impegno profuso da Melis cui si deve la catalogazione e lo stidio di una miniera di documenti per secoli rimasta nascosta a Palazzo Datini. Lettere, oggetti, immagini fotografiche, documenti e filmati in un percorso espositivo che si articola in sette sezioni per raccontare lo storico e il mercante, due figure appartenenti a epoche diverse ma legate da un filo rosso che attraversa sette secoli. "La mostra ci aiuta a comprendere non solo il lavoro di Melis che mostrò alla comunità scientifica le potenzialità delle fonti datiniane – spiega la curatrice Orlandi - ma anche l’importanza della storia che ci invia segnali di cui tenere conto svelandoci un mondo in cui, fra conflittualità politiche e religiose, gli uomini sapevano convivere. Come la lettera in mostra, scritta da un mercante giudeo in arabo con caratteri ebraici destinata a un mercante cattolico".
La mostra accompagna il visitatore in un lungo viaggio nel tempo, tra documenti e oggetti conservati in collezioni pubbliche e private. Dalle tavolette di argilla, esempi di contabilità antichissima, ad alcuni registri contabili degli opifici lanieri e della banca di Francesco Datini, passando dalle lettere commerciali plurilingue presenti nel carteggio datiniano (150mila lettere). E a proposito di carteggi, sarà ricostruita la corrispondenza che Federigo Melis e Francesco Datini si scambiarono con le rispettive consorti, Gabriella Forconi e Margherita Bandini. Appassionante fu lo scambio fra Melis e la moglie, nel periodo in cui fu prigioniero degli inglesi in Africa. In una lettera raffigurante il Duomo di Siena lo studioso scriveva parole come "superbo, incitamento, entusiasmante del nostro amor". Un’altra curiosità riguarda la sfera familiare di Datini: in una teca è conservato il registro con gli ingredienti della torta per il pranzo di nozze della figlia Ginevra. Il prezioso manoscritto ha bisogno di restauro e, attraverso un apposito Qr code in mostra, è possibile dare un contributo. Previsti eventi collaterali nell’ambito delle iniziative ‘Prato 50’ per ricordare l’ascesa economica della città negli anni Cinquanta: fra questi, al Museo del Tessuto saranno in mostra dagli inizi di giugno le etichette alle coperte tradotte in tante lingue diverse, a testimonianza delle vocazione internazionale dell’export pratese dell’epoca.
Maria Lardara