
La tenda inutilizzata fuori dal Santo Stefano (foto Attalmi)
Prato, 5 marzo 2020 - «Non sto ancora bene. Ho la tosse, mal di testa forte e gli occhi che mi lacrimano. Non riesco neppure a leggere, mi dà fastidio la luce. Ho paura di tornare a casa, a Firenze, per due motivi. Il primo è perché mi sento più sicura se sono seguita dai dottori. E poi perché dovrei condividere l’isolamento con la mia mamma, ultrassessantenne, che dal tampone è risultata negativo. Rischio di infettarla. E’ per questo che, quando mi sono state comunicate le dimissioni dal Santo Stefano, mi sono opposta: non so dove trascorrere la quarantena. E così mia mamma ha segnalto questa situazione ai carabinieri, chiamando il 112".
A parlare è la donna di 44 anni, pratese ma residente da alcuni anni a Firenze, che da lunedì sera è ricoverata in malattie infettive al Santo Stefano. E’ lei il primo caso accertato di infezione da Coronavirus nella provincia di Prato.
«Questo malessere ha un andamento incostante. Mi sento ancora male e non riesco a capire se la febbre se ne è davvero andata o meno". Una situazione non semplice di fronte alla quale l’Asl Toscana Centro ha dovuto prendere una decisione rapida, nonostante le dimissioni della donna fossero state già annunciate da ieri. Così, vista la difficoltà di trasferire la donna nella sua attuale casa, una struttura fiorentina, è stato deciso di trattenerla ancora al Santo Stefano. La madre della paziente ha chiesto informazioni al 1500, il numero nazionale dell’emergenza coronavirus, secondo il quale è necessario il trasferimento della contagiata "in un locale idoneo".
Il che significa stanze e bagno riservati per poter effettuare un vero isolamento. "Insomma, io e mia madre non possiamo condividere per 14 giorni gli stessi ambienti, io d ammalata metterei a rischio la sua salute". E sulla furia mediatica, che si è scatenata dopo il suo post su facebook, con il quale annunciava di essersi recata autonomamente al pronto soccorso, contravvenendo a tutte le raccomandazioni circolate da quando è scoppiata l’emergenza?
"I pratesi non rischiano niente da me - si difende - La mia preoccupazione è stata sempre quella di non attaccare il virus a nessuno. Per questo sono convinta di non aver agito in modo incauto: semmai se avessi seguito quello che mi era stato detto per telefono ai numeri indicati per l’emergenza coronavirus, non necessitavo neppure del tampone perchè non provenivo da Paesi a rischio o dalle zone rosse in quarantena del Nord". «E’ per questo che una volta rientrata da Bergamo, dove vado ogni settimana dal giovedì al sabato per seguire i corsi al Conservatorio, alle prime avvisaglie di febbre e tosse mi sono chiusa in casa, sapendo la gravità di quello che stava succedendo in Lombardia. Lassù ho frequentato tanta gente, ho viaggiato in treno e ho dormito in albergo". La 44enne spiega di aver scritto su Facebook quello che le stava accadendo "perché così potevo avvertire velocemente soprattutto chi dei miei amici vive e lavora a Bergamo, con i quali ho avuto rapporti stretti per motivi di lavoro. Non pensavo che avrei suscitato tutte queste reazioni contro di me. Figuriamoci se voglio creare problemi in quella che è la mia città, dove sono cresciuta, dove ha vissuto la mia famiglia e dove ho anche un’attività lavorativa". A sua difesa la musicista porta anche il racconto del suo arrivo al pronto soccorso dell’ospedale di Galciana.
«Mi sono mossa nella massima sicurezza e sono arrivata qui dopo una settimana di telefonate ai numeri dedicati senza essere presa in considerazione. Stando a quello che mi dicevano gli operatori non avevo niente e invece tutti i sintomi mi facevano pensare al coronavirus, come poi è risultato dal tampone eseguito a Prato. Non sono stata azzardata e sono rimasta sempre in casa, perchè non mi sentivo bene. Nessuno è venuto a vedere come stavo. Stando a quello che veniva detto in Lombardia avrei dovuto fare il tampone, per la Toscana no. E siccome non rientravo nel protocollo per attivare il tampone, cosa avrei dovuto aspettare, che arrivasse una crisi respiratoria grossa? Come avrebbero reagito coloro che adesso mi criticano? Da cittadina ho il diritto ad essere assistita oppure no? Comunque rassicuro tutti: non sono mai passata dalla sala di attesa del pronto soccorso. E ho indossato la mascherina, proprio come mia madre: prima siamo andate alla tenda pre-triage ma non c’era nessuno, poi ho citofonato al pronto soccorso dal lato dal quale entrano le ambulanze e ho spiegato perché mi ero recata fino a lì. I sanitari mi hanno preso in carico come se fossi contagiata e mi hanno fatto seguire un percorso esterno con la mia automobile fino al piazzale che si trova proprio sotto il reparto di malattie infettive, per poi entrare in massima sicurezza e indossando i dispositivi di protezione. Dopo il tampone, il responso: positiva al Covid-19".
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