Laura Natoli
Cronaca

Cenni insiste per il patteggiamento e propone un maxi risarcimento

Ora il pm acconsente: «Quadro modificato». I giudici si riservano

Roberto Cenni, ex padron del Gruppo Sasch

Prato, 28 giugno 2016 - Ancora un nulla di fatto nel complesso procedimento per il crac del gruppo «Sasch» che risale al 2010. Ieri doveva essere un’udienza decisiva, soprattutto per due tra le posizioni di rilievo del processo che – speravano – di arrivare a conclusione: quella di Roberto Cenni e quella del commercialista Annibale Viscomi, entrambi presenti in aula. Decisiva è stata l’integrazione di documenti presentata dalle difese. L’avvocato di Cenni, Manuele Ciappi, ha puntato su uno degli argomenti chiave dell’accusa: la distrazione di oltre sei milioni di euro ricavati dalla «famosa» vendita dei marchi. E’ proprio sulle rivelazioni della «nuova» documentazione che l’avvocato Ciappi ha proposto per la seconda volta il patteggiamento a due anni per Cenni. Patteggiamento subordinato a uno scenario completamente mutato: la dimostrazione (documenti alla mano) che i soldi della vendita del marchio sono rimasti nel gruppo – anzi sono tornati con 400mila euro in più – e con una proposta transattiva sul piatto in cui l’ex sindaco mette a disposizione dei creditori i propri beni. Tra questi c’è l’immobiliare Cancelli Rossi Sas di cui fa parte un’azienda agricola all’Impruneta, sulle colline di Firenze, valutata tra i quattro e sei milioni di euro completamente libera da vincoli. La proposta di patteggiamento aveva incontrato il parere negativo dei pubblici ministeri Antonio Sangermano e Lorenzo Gestri (che hanno ereditato il corposo fascicolo dal collega Eligio Paolini trasferito a Firenze) durante la scorsa udienza. Ieri, invece, il pm in aula, Gestri, non ha potuto che acconsentire alla richiesta di Ciappi di fronte a un «quadro profondamente modificato», ha spiegato. Il collegio dei giudici, presieduto da Silvio De Luca (Fedelino e Mancini a latere), ha preso tempo fino a settembre per studiare le carte.

Si è fatta avanti anche la difesa di Viscomi, rappresentata dall’avvocato Gaetano Berni, che ha chiesto il proscioglimento del suo assistito o, al limite, il rinvio all’udienza preliminare. Berni ha spiegato al collegio che il suo assistito è implicato nella vicenda solo per quanto riguarda la vendita dei marchi. Distrazione di denaro che, come dimostrato dai documenti, non è mai avvenuta. Berni si è tolto anche qualche sassolino dalla scarpa facendo presente come parte delle intercettazioni non fosse stata allegata agli atti e come i documenti che attestavano il ritorno nel gruppo dei sei milioni e 600mila euro non fossero presenti nel fascicolo. Il pm ha rimesso la decisione ai giudici. Il processo è stato rinviato a settembre. Il «ritrovamento» dei documenti relativi alla deposizione resa alla Guardia di Finanza nell’ottobre del 2014 di un ex avvocato del gruppo, Enzo Chiappa, ha rappresentato una svolta nel procedimento. Quella di Chiappa alla Finanza è stata una testimonianza chiave per chiarire la vicenda della vendita dei marchi. La deposizione era stata supportata dai documenti che dimostravano i movimenti bancari: i soldi dalla Cina erano tornati in Lussemburgo. Un episodio su cui si giocava gran parte del processo e che adesso è venuta meno. Resta, invece, in piedi l’accusa di bancarotta per 21 milioni di merce inviata in Russia. «Rosati, Pacetti, Gianluca e Giuseppe Giovannelli hanno già patteggiato senza che fosse emerso questo nuovo aspetto e senza nessun tipo di risarcimento – ha detto Ciappi –Non vedo perché debba essere negato al mio assistito». Il processo va avanti per altri quattro imputati: Fabrizio Viscomi, Giacomo Cenni, Carlo Mencaroni e Antonio Campagna, difesi tra gli altri da Alberto Rocca e Luca Brachi.