REDAZIONE PRATO

Cellulari e droga in cella. Chiuse le indagini: in 33 sotto inchiesta. Altri nove per i disordini

La procura tira le fila dell’"offensiva" per la legalità dopo la perquisizione . Oltre alla retata scoperto nelle ultime ore altro stupefacente nel carcere.

La procura tira le fila dell’"offensiva" per la legalità dopo la perquisizione . Oltre alla retata scoperto nelle ultime ore altro stupefacente nel carcere.

La procura tira le fila dell’"offensiva" per la legalità dopo la perquisizione . Oltre alla retata scoperto nelle ultime ore altro stupefacente nel carcere.

Sono state già chiuse le indagini sul traffico di cellulari e droga all’interno dei carcere della Dogaia. La procura, guidata da Luca Tescaroli, ha messo un primo punto fermo sull’inchiesta sfociata il 28 giugno scorso in una maxi perquisizione all’interno della Dogaia durante la quale sono stati trovati appunto telefoni nelle disponibilità di detenuti delle sezioni di media e massima sicurezza, e anche droga.

Sono 33 gli indagati, tutti detenuti all’interno del carcere di Maliseti che, secondo gli inquirenti, sarebbe caratterizzato da un "pervasivo tasso di illegalità". secondo quanto riferito dalla procura, sono 41 gli apparecchi tra cellulari, microcellulari e smartwatch oltre a due schede telefoniche introdotti e usati nei reparti di alta e media sicurezza da reclusi italiani, albanesi, macedoni, georgiani e filippini. Telefoni che venivano introdotti nei modi più disparati, perfino cuciti dentro a dei palloni che poi venivano lanciati all’interno della casa circondariale dall’esterno. E l’uso che se ne faceva era massiccio: in un caso, un detenuto italiano, recluso nella sezione di massima sicurezza, aveva fatto una diretta su Tik Tok dalla sua cella con tanto di commenti e follower.

La procura ha inoltre contestato due episodi di introduzione di cocaina e hashish, rinvenuti in un caso in contenitori di sugo di carne, nell’altro nella camera di sicurezza. La procura rende noto anche che ieri sono stati trovati in un pacco di abiti destinato a un recluso altri 5 grammi di hashish, 40 invece erano stati scoperti in un frigo sabato scorso e il 17 luglio altri 5 in una cella. Insomma, nonostante la maxi retata del 28 giugno scorso la droga continuava ad arrivare a fiumi dentro alla Dogaia, come se nulla fosse accaduto. In questo filone dell’inchiesta, la polizia ha accertato che i detenuti che usufruivano dei permessi di semilibertà usavano la "Casa Jacques Fresch", struttura gestita dalla Diocesi di Prato, come base per lo smistamento della droga destinata ai detenuti del carcere.

Ma i guai per i detenuti non sono finiti qui. Sempre ieri la procura ha proceduto alla notifica dell’avviso di conclusione indagini per la rivolta avvenuta il 5 luglio scorso dentro al carcere: gli indagati sono nove detenuti di nazionalità albanese, marocchina, italiana e polacca.

Ai disordini "risulta aver preso parte anche il detenuto romeno", ha spiegato il procuratore in una nota, trovato morto il 18 luglio nella camera di sicurezza dove era in isolamento. Un decesso sospetto, per il quale la procura avrebbe escluso l’ipotesi di suicidio, disponendo esami. La morte è avvenuta "per arresto cardiaco come risulta dall’autopsia" ma sono ancora in corso accertamenti tossicologici per capire le cause del decesso improvviso. Possibile che l’uomo avesse consumato droga? Accertamenti sono stati eseguiti anche sulle telecamere di sorveglianza che portano alla cella di isolamento dove il romeno era recluso proprio in seguito ai disordini del 5 luglio. Gli inquirenti vogliono capire chi abbia avuto accesso alla cella del romeno prima del ritrovamento del cadavere.

L.N.