REDAZIONE PRATO

Bellini, Caravaggio e Lippi i gioielli Il patrimonio che parla al territorio

Due tabernacoli affrescati di inizio Quattrocento aprono l’esposizione che regala anche qualche accenno di Novecento. ‘L’Incoronazione di spine’ del Merisi è uno dei vanti della collezione degli Alberti

Due tabernacoli affrescati di inizio Quattrocento. Parlano della Vergine e di Santo Stefano, patrono di Prato. E mettono subito le cose in chiaro: la collezione degli Alberti è in un dialogo costante con il territorio. Il grande giorno per il pubblico è oggi: da oggi, infatti, la Galleria di Palazzo degli Alberti apre al pubblico con 90 opere della collezione (in tutto sono 142, le altre sono in deposito) che apperteneva alla Cassa di Risparmio di Prato, oggi della Banca Popolare di Vicenza in Lca. Spazi maggiori, luci studiate per esaltare l’incanto di capolavori conosciuti e meno conosciuti, pannelli espositivi per inquadrare autori ed epoche. Di certo merita una visita, e anche più di una.

Il percorso espositivo – curato da Lia Brunori, funzionaria della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per Firenze, Pistoia e Prato – apre, dicevamo, con due tabernacoli affrescati di inizio Quattrocento che focalizzano il rapporto con la città e i suoi santi. Pochi passi dall’ingresso e ad accoglire il pubblico ci sono subito due dei vanti della collezione: la ‘Madonna col Bambino’ di Filippo Lippi – che incarna il culmine artistico di una produzione pittorica che già dal Medioevo mostrava episodi di rilevanza nel territorio – e il ‘Cristo Crocifisso in un cimitero ebraico’ di Giovanni Bellini. Capolavoro assoluto, il ‘Cristo Crocifisso’ costituisce un unicum iconografico per la sua ambientazione. Bellini riprende una narrazione dei vangeli, collocando la croce nel cimitero ebraico: bisogna fermarsi vicino al piccolo dipinto per osservare la serie di lapidi con iscrizioni in ebraico dentro un giardino spoglio, brullo, mentre in un oltre più lontano, il prato rifiorisce e torna a parlare di vita. Come la città, arroccata sul piano di fondo.

L’esposizione curata da Lia Brunori segue l’ordine cronologico, dalla tradizione pittorica cinquecentesca fino ad arrivare all’Ottocento, passando da ‘L’incoronazione di spine’ di Caravaggio, altra vero gioiello conservato a Palazzo degli Alberti. Nonostante alcuni esperti ancora oggi non concordino sull’attribuzione, la grande tela incanta: la luce blocca, come in un’istantanea, la crudeltà, il dolore della scena. È una luce che taglia in diagonale il dipinto, una luce teatrale che indugia sulla schieda anonima del personaggio di spalle. Fu lo storico dell’arte Longhi a parlare di questo dipinto come copia antica da una composizione di Caravaggio. Ma dopo il restauro del 1974 la tela fu liberata da ampie porzioni di pitture successive e per la qualità artistica fu così ricondotta alla mano diretta del Caravaggio.

Ma non ci sono solo dipinti nella Galleria di Palazzo degli Alberti, perché la collezione vanta anche un nutrito numero di sculture di Lorenzo Bartolini, artista pratese attivo nella prima metà dell’Ottocento. Di certo c’è che quello che il pubblico potrà da oggi intraprendere è anche un viaggio dentro l’anima di un territorio: sarà bello ritrovare la devozione pratese della Cintola nell’immensa tela che troneggia su una delle pareti.

Dalla Cintola alla pittura seicentesca e settecentesca, esposta come un’antica Galleria da godere nella bellezza che offre e negli spunti di riflessione che suggerisce. Avanti poi con l’Ottocento dei pratesi Catani Chiti e Bartolini, seguiti da un Novecento di genuina toscanità. Un itinerario raffinato, insomma, che da oggi tutta la città potrà tornare a vivere.

m. c.