
Architettura industriale del ’900. Prato un laboratorio di studio. Lo specchio del mondo che cambia
Il restauro del moderno è tema di grande attualità e per Prato anche l’occasione di patrimonializzare le presenze dell’architettura industriale in chiave di rigenerazione urbana. Gli architetti pratesi hanno posto questi argomenti al centro di un programma di studio, ne hanno scritto, discusso e trasmesso gli obiettivi agli studenti della scuola di architettura di Firenze in uno stage di tre mesi al Fabbricone e in un convegno di esperti svoltosi al Pin. Oggi gli esiti di questa esperienza sono confluiti in un libro "Conservazione e rigenerazione dell’architettura moderna" che sarà presentato, insieme agli elaborati prodotti, in un’iniziativa in programma venerdì 27 ottobre dalle 15 alle 17 al al Fabbricone, Blocco 12 in via Targetti.
Perché una patrimonializzazione? Prato, in ragione del peculiare sviluppo del distretto tessile, è da tempo riconosciuta come "una città del ‘900". Un luogo vivace di imprenditoria e lavoro in fabbrica che si è costruito l’immagine "modernista" puntando l’accento sulla "fabbrica", tanto che la città si è identificata nella "città-fabbrica", proprio come certe città inglesi della rivoluzione industriale. La progressiva trasformazione urbanistica da "città d’arte" qual era (icona del Medioevo e del Rinascimento in Toscana) ha prodotto cambiamenti esiziali già dalla prima metà del secolo scorso, ancor più dilatati nel secondo dopoguerra. Sotto la spinta di crescenti problematiche ambientali e sociali determinate dai grandi afflussi di extracomunitari, la città è però andata incontro alla perdita dell’originale identità. L’accezione di città modernista, espressione e cifra della produttività del territorio con i suoi arditi complessi industriali, si è andata affievolendo, declinandosi negativamente intorno alle decine e decine di opifici dispersi a macchia d’olio nell’ambiente urbano, avvertendo il peso delle incrostazioni del tempo, del degrado fisico di quegli stessi immobili che pure ne rappresentavano il vanto.
La rapida obsolescenza funzionale degli impianti ha messo ancor più in luce il danno procurato all’ambiente. La necessità di riqualificare i cicli produttivi e migliorare le condizioni del lavoro ha coinciso in una prima fase con la dismissione e delocalizzazione di molte fabbriche preesistenti, seguita di pari passo dalla perdita consistente di edifici, trovando però la ferma denuncia degli architetti nel nome dei valori dell’archeologia industriale da salvaguardare. La spinta utilitaristica del mercato immobiliare di riciclare gli ibridi "stanzoncini" non ha compensato la perdita dolorosa di importanti strutture. Non è bastata neppure a fermare l’emorragia la presenza di "manufatti" firmati da noti progettisti, quali Pierluigi Nervi ed altri. Alla fine del secolo questa situazione è apparsa come un fardello insopportabile per la città. Gli architetti pratesi ancora una volta, dopo la denuncia dell’abbandono degli anni ’80, si sono impegnati nel dibattito sia a livello locale che nazionale. Oggi, a distanza di un ventennio da allora, la situazione pare mutare, laddove si riconosce alle architetture del ‘900 un valore documentale, quindi culturale, di primo piano. Si pensi agli episodi di maggiore rilevanza condotti in questi anni, dal Teatro Fabbricone e al Fabbrichino, al restauro dell’ex Cimatoria Campolmi, sede del Museo del Tessuto e della Biblioteca Lazzerini e tanti altri ancora fino a moltiplicarsi in questi ultimi mesi.
Oggi gli studi sull’architettura industriale del ‘900 hanno assunto un ruolo fondamentale per definire la categoria del restauro del Moderno, facendo di Prato una sede privilegiata per gli studi a livello universitario, sia per la conservazione, che per la riqualificazione urbana. La pubblicazione odierna è una testimonianza del confronto fra il mondo accademico e quello delle professioni per meglio valutare la rilevanza del patrimonio dell’industria pratese del ‘900, da porre al centro dello sviluppo economico e culturale della collettività.
Giuseppe Alberto Centauro
Già docente di restauro architettonico
Università Firenze