
Ancora operai schiavi in fabbrica . Pagati a cottimo e senza riposo. Requisito perfino il passaporto
Schiavi in fabbrica: un fenomeno che non scompare ma, anzi, ciclicamente torna fuori. Dopo dieci anni di controlli ancora emergono situazioni che riportano direttamente a prima del rogo di via Toscana, nel dicembre 2013, quando ancora le verifiche dei tecnici del progetto “Lavoro sicuro“ non erano capillari e organizzati come lo sono adesso. Questa volta, il caso di sfruttamento è emerso grazie alla denuncia di una operaia sfruttata a cui titolari avevano – a lei come agli altri dipendenti – addirittura requisito il passaporto.
Lo schema è praticamente il solito come se non si fosse imparato nulla dalla tragedia della Teresa Moda. I due titolari di una ditta in via Dino Campana impiegavano lavoratori stranieri sprovvisti di permesso di soggiorno. La coppia, entrambi cinesi, è stata arrestati dalla polizia L’attività di indagine, spiegano dalla polizia, è partita dalla "denuncia/querela sporta da una cinese, la quale, con dovizia di particolari ha raccontato agli operatori di essere arrivata in Italia, grazie all’opera di un connazionale, il quale, dietro al pagamento di una cifra consistente, le aveva procurato un visto di ingresso in Italia per motivi turistici con una validità di 14 giorni, pur essendo consapevole che una volta giunta avrebbe lavorato in un’azienda di confezioni. All’arrivo a Milano, ad attenderla vi erano due connazionali che si sono fatti consegnare il passaporto, per poi accompagnarla a Prato insieme ad altri due cinesi. La donna inoltre ha affermato di vivere dentro la ditta di confezioni dove lavorava, insieme ad altri connazionali sette giorni su sette, senza avere la possibilità di uscire, in quanto, al termine della giornata lavorativa gli operai venivano chiusi in azienda e di essere retribuita per la sua attività lavorativa a cottimo.
La donna, sempre secondo quanto riportato, ha affermato di "aver chiesto ai titolari svariate volte la restituzione del suo passaporto, ma questi non avevano mai voluto riconsegnarglielo, contestualmente l’avevano minacciata di morte". Gli investigatori, mercoledì, sono andati all’interno dell’azienda dove hanno riscontrato la presenza di sette cinesi, di cui cinque privi di regolare permesso di soggiorno, tra cui la donna che aveva sporto denuncia e la zia di questa. Rinvenuti nelle disponibilità dei titolari i passaporti indebitamente trattenuti di cinque soggetti, ed una zona limitrofa a un soppalco dove era stata installata una cucina di fortuna, dei letti e i cosiddetti ‘fogli cottimo’, ossia un foglio scritto a mano che riportava i pezzi quotidianamente lavorati dagli
operai, oltre ad i loro effetti personali. I titolari della ditta sono stati arrestati e messi a disposizione dell’autorità giudiziaria.
L.N.