REDAZIONE PRATO

Addio a Vannucchi, il giornalista gentiluomo

Volto di punta del Tg1 negli anni ’70 e ’80, poi assessore a Prato. Uomo di vasta cultura e grande corenza. Domani il funerale

Giuseppe Vannucchi era un uomo di vasta cultura, rara coerenza, profonda umanità. Era onesto, libero e curioso, un gentiluomo di altri tempi. Se n’è andato ieri mattina, dopo una lunga sofferenza. Aveva 85 anni. Domani alle 16,30 il funerale, nell’oratorio della Misericordia.

Era un giornalista, un grande giornalista. Ma è davvero riduttivo ricordarlo per la sua professione, che iniziò come responsabile della cronaca di Prato del Giornale del Mattino, a metà degli anni Sessanta, e proseguì in Rai, per trent’anni. Fu volto di punta del Tg1, inviato e protagonista di trasmissioni di approfondimento culturale, come "Tg l’Una", in onda ogni domenica.

Alla Rai entrò ai tempi di Ettore Bernabei e Biagio Agnes e del Tg1 fu uno dei primi conduttori. Arrivava nelle case degli italiani nell’edizione della sera, con le immagini all’inizio ancora in bianco e nero, la dizione perfetta, il vocabolario ricco e accurato, l’attenzione nel presentare le notizie in modo preciso e senza le inutili enfasi che oggi in tv imperversano anche sulle cose di poco conto. Era un grande giornalista, ma appunto sarebbe riduttivo ricordarlo solo per questo. Beppe era un intellettuale, un amante della bellezza, un uomo coltissimo. E chiusa l’esperienza in Rai nel 1999 diventò assessore alla cultura nella seconda giunta Mattei.

Accompagnò con amore la crescita della Camerata, cercò in tutti i modi possibili di accelerare i tempi della riapertura del Museo Civico a Palazzo Pretorio, si entusiasmò come un ragazzo alla scoperta dei reperti etruschi a Gonfienti. Aveva sogni Beppe, ma restò sopraffatto dalla realtà della politica e delle burocrazie. Si dimise nel febbraio del 2002 con un colpo di teatro, al Pecci, durante gli stati generali della cultura che il Comune aveva organizzato. "Avverto un forte vento di elezioni e nuovi codici di linguaggio, li conosco perché ho passato trent’anni in Rai, ma non li voglio intendere; su Pecci, Metastasio e Museo del tessuto ci sono state decisioni o non decisioni prese sopra la mia testa. E questo è più di quanto possa sopportare. Perciò mi vedo costretto a levare l’incomodo. Restituisco la mia delega con un dolore atroce", disse nella sua relazione introduttiva, tra lo stupore generale. Disse tante altre cose, con la consueta profondità di sguardo e con la libertà che sapeva difendere. La platea gli tributò un lungo applauso, ma poi quegli stati generali proseguirono come se le dimissioni non ci fossero state. "Voglio essere ricordato solo come persona per bene o non per bene", le sue ultime parole da assessore. Era un vero gentiluomo Beppe, profondamente onesto e generoso.

Era una serata fredda di novembre, quella in cui Gustav Leonhardt, tra i più grandi organisti di tutti i tempi, suonò in Duomo a Prato per il Festival Zipoli, nel 2011. Sarebbe stato l’ultimo concerto della sua formidabile carriera, fu straordinario. "E’ come essere stati nei campi elisi", mi disse Beppe uscendo dalla cattedrale. Che riposi in pace nei campi elisi della musica e della bellezza, con gli affetti più cari, con Massimo e Franco, Silva.

Anna Beltrame