Una evasione dell’Iva di circa 165.000 euro, basata con tutta probabilità su operazioni inesistenti fra la società dell’imputato e una azienda "cartiera", ossia inesistente, con sede a Poggio a Caiano. Uno schema ricorrente, soprattutto all’interno del distretto cinese. A sorpresa, però, il cinese, questa volta, è stato assolto, in quanto – come si legge nella sentenza del giudice Santinelli – "le indagini non sono state svolte sul campo", da parte della Agenzia delle Entrate, per accertare l’esistenza o meno della società fittizia. Si trattava di operazioni davvero inesistenti? La società esisteva davvero oppure no? Tutte domande su cui è ruotato il processo a carico del cinese, difeso dall’avvocato Stefano Lenzi del foro di Prato, e che si è chiuso con una piena assoluzione dell’imputato, amministratore di una azienda di abbigliamento che ha sede in via Toscana. Secondo il giudice, le prove sarebbero meramente documentali e non sufficienti a fornire quella "univocità" che serve per accertare la responsabilità penale. Per ricercare tale "univocità", l’Agenzia delle Entrate sarebbe dovuta andare "sul campo" per indagare quali rapporti patrimoniali e commerciali esistessero davvero fra l’impresa che aveva emesso le fatture contestate nel processo e la società dell’imputato.
Nel procedimento, l’Agenzia delle Entrate aveva contestato all’imprenditore di avere indicato nella dichiarazione dei redditi 2016 elementi passivi fittizi relativi a operazioni inesistenti per un imponibile Iva di 165.000 euro. Il pm aveva chiesto una condanna a un anno e sette mesi. Il giudice ha però ritenuto che le prove delle operazioni sospette – come l’assenza di un contratto di utenza per tutto il 2016, il fatto che la fattura fosse datata lo stesso giorno in cui è stata dichiarata la chiusura della ditta, la difformità fra l’importo della fattura e la merce indicata nei documenti di trasporto – non fossero sufficienti per arrivare a una condanna.
"La particolarità dell’assoluzione dell’imprenditore – dice l’avvocato Lenzi – sta nel fatto che il tribunale pur in presenza di elementi indiziari circa la possibile inesistenza, quantomeno parziale, dell’operazione economica sottostante la fattura, ha ritenuto gli stessi non sufficienti a fondare l’accertamento della penale responsabilità".
La mancanza di un approfondimento da parte dell’Agenzia delle Entrate dei "rapporti patrimoniali e commerciali tra l’impresa emittente e la società dell’imputato, di indagini “sul campo” volte a acquisire elementi di prova circa la possibile natura di ’cartiera’ dell’impresa emittente e, dunque, della non completezza del compendio probatorio ha permesso l’assoluzione dell’imputato perché il fatto non sussiste – ha aggiunto il legale – Il tribunale di Prato sembra così recepire la nuova regola probatoria introdotta dalla legge delega fiscale che prevede il rafforzamento dei controlli sul campo".
Laura Natoli