"Roberto scambiato per un altro"

Il fratello dell’uomo ucciso sull’argine apre a nuovi scenari: "Un solo aggressore non sarebbe bastato"

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di Carlo Baroni

Indagini coperte dal massimo riserbo. Un’attività dei carabinieri del nucleo investigativo di Pisa e della compagnia di San Miniato capillare e profonda, coordinata dal sostituto procuratore della Repubblica Fabio Pelosi. Il corpo di Roberto Checcucci messo ai raggi "X" sia dal medico legale che da un genetista, nominato dalla Procura, per trovare tracce di dna dell’assassino. Sono i punti fermi del giallo del delitto dell’argine dell’Arno a Castelfranco, a dieci giorni dal ritrovamento del corpo del 53enne di Fucecchio.

Gli inquirenti, si apprende, stanno lavorando a tutto campo, senza escludere a priori alcuna pista e alcun possibile movente. Ma chi poteva volere la morte di un uomo mite come Roberto Checcucci il cui unico vizio erano le lunghe camminate? "Me lo chiedo e torno a chiedermelo da giorni – dice il fratello Gilberto –. Ho perso il mio punto di riferimento, il mio braccio destro, la persona che mi aiutava a gestire tutto e che riusciva sempre a tranquillizzarmi. Io sono un po’ più fumino di carattere, lui no. Siamo nel dramma, non sappiamo nulla, ancora non ce l’hanno fatto vedere e, pare, che almeno fino a venerdì non si possa ipotizzare della restituzione della salma". "Roberto andava sempre da solo, non aveva fatto amicizie qui a Fucecchio dove siamo arrivati dieci anni fa – dice ancora il fratello –. Se si fosse mosso in gruppo, se con lui ci fosse stato qualcuno, non sarebbe successo. Il motivo? Un mistero. Mi sono anche chiesto se magari non è stato scambiato per qualcun’altro, può essere successo anche questo. Come credo che non si possa escludere che l’aggressione possa essere avvenuta per mano di più persone: Roberto era un grande camminatore, ben allenato, correva forte, davanti ad un malintenzionato aveva le forze per darsela a gambe. Con due, invece, la vedo più difficile, tenendo conto che era sì sportivo, ma non aveva preparazione per la difesa personale. Certo era un bonaccione, e magari si è fidato della persona sbagliata". È certo che Checcucci ha cercato di difendersi mentre veniva travolto da una decina di fendenti, sferrati con coltello da cucina, alla testa, al collo, all’addome e alle mani. Questa una certezza che il medico legale ha messo in mano agli inquirenti che continuano a cercare e sentire persone, tutte quelle che nelle giornata di domenica 27 settembre, in orario compatibile con il delitto – o prima del ritrovamento del corpo – sono transitate in quel tratto.

Non si esclude che qualcuno, che ancora non è stato sentito o non si è fatto avanti, sia in possesso di quei particolari che potrebbero rivelarsi la chiave di volta per risolvere il caso. Il movente, appunto sarebbe ancora un interrogativo aperto e nessuna ipotesi sarebbe stata definitivamente accantonata: dalla rapina finita in omicidio, alla possibilità che Checcucci abbia visto qualcosa che non doveva vedere, al fatto invece che la vittima conoscesse il suo carnefice. Si scava ancora nella vita dell’uomo che non aveva relazioni, se non con i familiari, non aveva amici, non aveva cellulare, né vita social. "Un buono, un uomo che passava il tempo in casa o a camminare, da quando anni fa un medico gli consigliò di perdere peso – conclude il fratello –. Da allora quella era diventata la sua ragione di vita, diceva che lo rilassava". La famiglia della vittima è seguita dall’avvocato Andrea Massaini di Fucecchio.